Siria: guerra e coronavirus minacciano il futuro dei bambini
Michele Raviart – Città del Vaticano
In un Paese entrato nel suo decimo anno di guerra come la Siria, la pandemia e le misure intraprese per cercare di ridurre il contagio rischiano di impattare ulteriormente sulle fasce più vulnerabili della popolazione come i bambini, tanto a livello educativo quanto a livello sanitario.
Il governo chiude le scuole
Sono infatti più di quattro milioni gli studenti siriani che non riprenderanno gli studi dopo la decisione di chiudere le scuole per rallentare la diffusione del contagio. Nelle zone controllate dal governo e relativamente sicure dagli scontri, questo significa comunque un’interruzione della didattica, vista l’impossibilità di assistere a lezioni online – tranne che in alcune zone privilegiate – o di seguire gli insegnamenti di arabo, matematica e scienze, trasmessi dalla tv di Stato, ma difficili a causa dei continui blackout della linea elettrica.
Nel nordest 500 mila persone senza acqua
Nelle zone dove ancora si combatte, come nel nord-est del Paese, la situazione dei minori è sempre più precaria.” Oltre un milione di bambini in Siria già non andavano a scuola a causa della guerra, alla quale purtroppo si somma la gravità di questa pandemia”, spiega il portavoce di Unicef Italia Andrea Iacomini. Gravità che rischiano di accentuarsi a causa delle difficoltà con cui è possibile distribuire gli aiuti sanitari". Le ultime notizie che ci arrivano dagli operatori del nostro territorio è che in alcune zone cinquecentomila persone non avevano già più accesso all’acqua potabile”, ricorda Iacomini.
42 casi ufficiali di coronavirus
In un Paese in cui i casi ufficiali di contagi da coronavirus sono 42 ed i morti tre, ma in cui è praticamente impossibile avere un quadro dell’epidemia al di fuori dei territori più stabili, è comunque in vigore il coprifuoco, il divieto di uscire e di circolare da una provincia all’altra del Paese, con controlli ancora più severi ai confini.
Le conseguenze del lockdown sugli aiuti
“I bambini sono già fortemente scioccati da guerre e carestie e a queste si aggiunge lo shock del lockdown”, precisa ancora il portavoce di Unicef Italia. “Si rischia infatti che non solo ci si ammali di Covid-19 ma che, per l’incapacità di fare entrare aiuti, ritornino quelle malattie che in queste zone magari si erano notevolmente ridotte. Mancano infatti tutti i beni di necessità che normalmente noi facciamo entrare dai confini di questi Paesi per aiutarli. Si rischia oltre al Covid-19 di far esplodere le malattie che sono poi la causa maggiore di mortalità infantile e che colpiscono i bambini più vulnerabili”.
25 milioni di bambini a rischio in tutta l'area
Il Medio Oriente, sottolinea poi l’Unicef in un comunicato, “è la regione che presenta il più alto numero di bambini nel mondo che hanno bisogno di aiuto, a causa dei conflitti e delle guerre in corso”. Si tratta di circa 25 milioni, la maggior parte dei quali ha lasciato la propria casa o ha bisogno di aiuto. Il timore è che le conseguenze economiche della pandemia incrementeranno questo numero di ulteriori quattro milioni.
L'impegno di Unicef
Tra le attività svolte dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia in tutta l’area, è stato fornito supporto ai ministeri della Salute e agli operatori sanitari sul campo con la distribuzione di aiuti medici e sanitari fondamentali, dispositivi di protezione individuali come mascherine chirurgiche, camici, guanti e occhiali protettivi, kit per test per il Covid-19, prodotti igienici, termometri, è stata anche assicurata la formazione degli operatori sanitari nell'ambito della prevenzione. Organizzate anche campagne informative sui social media per contrastare le informazioni false sul contagio e lo sviluppo di programmi di apprendimento a distanza per raggiungere le famiglie dove possibile.
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