Usa: Trump annuncia lo stop dell’immigrazione per contrastare il nemico invisibile
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
Nonostante la fine del lockdown in molti stati americani, gli Usa continuano a mantenere il triste primato dei decessi, 1433 nelle ultime 24 ore, e dei contagi da coronavirus. Il presidente Donald Trump si è detto pronto a firmare un decreto per sospendere temporaneamente l’immigrazione e contrastare così “il nemico invisibile”. Il Partito democratico e la società civile sono già sul piede di guerra ma questo annuncio, dice l’americanista Ferdinando Fasce, ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Genova, potrebbe solo essere un modo come un altro con cui Trump vuole ripristinare la sua centralità in vista delle elezioni. In ogni caso, se così fosse, nei prossimi giorni alle frontiere, negli aeroporti, nei consolati americani verrebbe negato il permesso di entrare sul territorio degli Usa. Non si parla però di immigrati irregolari, delle persone che provano a superare la sorveglianza ai confini ma dei lavoratori che arrivano con un visto regolare, anche temporaneo. Nel 2019 sono stati circa 470 mila, già in diminuzione del 25% rispetto all'anno precedente. Nei mesi scorsi Trump aveva disposto la sospensione dei voli con la Cina, la chiusura concordata dei confini con Canada e Messico e il blocco con gli Stati europei dello spazio Schengen. Le decisioni del Capo della Casa Bianca nella gestione dell’emergenza stanno avendo però dei bruschi risvolti sia sulla campagna elettorale, sia sul consenso dell’elettorato, sia in seno al suo stesso partito.
R. - Per ora abbiamo ancora delle informazioni molto vaghe. C’è questa brevissima dichiarazione di Trump, via Twitter, che conferma la sua vocazione a far politica e a comunicarla in maniera stringatissima ma anche emotivo-scandalistica, però mi pare chiaro che questo corrisponde alla preoccupazione principale di Trump che è quella di essere rieletto. Ecco che in questa logica deve essere letto l’accostamento tra il “nemico invisibile” e i migranti, tutti, anche quelli regolari. Bloccando i migranti pensa di bloccare la valanga di critiche che sta accumulando per la sua gestione dell’emergenza.
Come le decisioni e i proclami del presidente stanno influenzando la campagna elettorale?
R. - Innanzitutto bisogna dire che la campagna elettorale è segnata da profonde incognite. Siamo a nemmeno sei mesi e non sappiamo ancora quando e come si terranno le elezioni. Trump sta cercando solo di tenere il pallino in mano, come fatto finora. Ricordiamo infatti che ci sono pochissimi interventi del suo avversario, Joe Biden, che comunque ha appena iniziato la corsa alla Casa Bianca, dopo il ritiro di Sanders. Quindi l’unica sua strategia, secondo la “logica di campagna permanente” è di tenere continuamente allertato il proprio elettorato e se possibile allargare – con una tipica politica della paura che non è affatto estranea alle corde dei repubblicani ma che con Trump è fortissima – all’intera opinione pubblica e società civile.
Che cosa ha influito sulla perdita dei consensi? Ricordiamo che ad oggi meno del 50 per cento degli elettori approva la sua gestione dell’emergenza coronavirus…
R. – Trump è stato contraddittorio da sempre. E’ il suo modus operandi quello di cavalcare l’ambiguità, l’incertezza, la contraddizione stessa della realtà delle cose. Si difende coi proclami, gli americani hanno bisogno invece di coerenza e concretezza.
Oltre al triste primato dei morti e del numero di contagi, gli Usa sono alle prese con una preoccupante crisi economica: basti pensare che 22 milioni di americani hanno chiesto il sussidio di disoccupazione. Anche qui che cosa sta facendo l’amministrazione Trump?
R. – Trump ha messo in campo una manciata di denaro che si finanzia attraverso la stampa di denaro con il rischio di una pesante inflazione, ma senza un disegno. Non bisogna dimenticare che Trump ha portato all’estremo una visione neoconservatrice repubblicana che è quella di “una nazione senza stato”. Nazione, gonfiamo i muscoli, chiamiamo tutti a raccolta e così via, ma Stato minimo. Quindi soldi, anche tanti, iniettati nell’economia ma senza niente che si avvicini ai famosi grandi progetti di ricostruzione del “New Deal”.
Altro fronte su cui Trump ha messo in moto i muscoli è la Cina oggi accusata di essersi fatta scappare il Covid-19 dai laboratori… Questa pandemia sta influendo molto sulla sua politica estera e le dinamiche geopolitiche?
R. - Sì, sicuramente. Da più parti è emerso che quella che si stava affermando come tendenza ai cosiddetti sovranismi, ritorno ai nazionalismi muscolari, con Trump si sta concretizzando sempre di più, anche perché lui ne ha sempre fatto una delle sue bandiere e armi privilegiate, soprattutto nei confronti della Cina. Ovviamente non bisogna dimenticare i problemi, i limiti sul piano di comunicazione del governo cinese, ma non c’è dubbio che da parte di Trump si tratti ancora una volta di molta propaganda a fini elettorali.
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