Yemen: tregua unilaterale araba prolungata di un mese
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Si prolunga di un mese la tregua unilaterale della coalizione araba che, in Yemen, supporta le forze lealiste contro i ribelli Houti, appoggiati dall’Iran. Una decisione presa per consentire al Paese, già devastato da cinque anni di guerra, di contenere la pandemia di Coronavirus. La tregua, annunciata lo scorso 8 aprile, non ha però evitato il proseguire di attacchi e violenze in alcune zone. “I sauditi stanno cercando una via diplomatica per uscire dalla crisi - dice a Vatican News Eleonora Ardemagni, assistente all'Università Cattolica e ricercatrice associata dell'Ispi - però gli insorti Houthi non hanno accettato finora questa tregua unilaterale. Il motivo è che si trovano in una posizione di forza sul campo e quindi stanno cercando di avanzare militarmente in territori strategici, per esempio il governatorato centrale di Marib, assai ricco di petrolio e gas. Gli Houti chiedono, per poter ottemperare a questa tregua, che l’embargo che i sauditi hanno posto sullo Yemen venga tolto e che i territori del Nord, da loro controllati, tornino a poter respirare dal punto di vista anche commerciale”.
Le possibilità di un accordo
I margini per giungere a un'intesa che ponga fine alla guerra nel Paese, secondo la ricercatrice, sono più ampi di qualche mese fa. “C’è una volontà più forte da parte dell'Arabia Saudita di concludere questo conflitto, diplomaticamente parlando, ma siamo arrivati a un punto in cui la frammentazione politica e militare dello Yemen ma anche desgli stessi attori che combattono sul campo, rende molto più difficile che tutti si accordino su un unico testo e su un cessate il fuoco”.
Il pericolo Coronavirus
Ufficialmente in Yemen c'è un solo caso di Covid-19, registrato in un governatorato del Sud. Le agenzie umanitarie sottolineano la pericolosità della eventuale diffusione dell'epidemia nel Paese, dove il sistema sanitario è già allo stremo, a causa della guerra. Si calcola, infatti che il 50% delle strutture sanitarie sia stato colpito dai bombardamenti e non sia al momento funzionante. Per Ardemagni, il problema riguarda l'identificazione di eventuali casi sul territorio. “Sia gli Houthi che il governo riconosciuto – aggiunge - hanno preparato dei piani di emergenza e hanno cercato di predisporre delle misure di contenimento sul territorio, ma tutto ciò non avviene in maniera coordinata, quindi, in un Paese in cui di fatto ci sono due ministri della Salute, questo è davvero difficile da realizzare”.
La crisi umanitaria del Paese
In quello che era già considerato il Paese più povero dell’area mediorientale e nordafricana, la guerra dal 2015 ha provocato una gravissima crisi umanitaria. Più di 100mila le vittime del conflitto e, secondo i dati Onu, sono 24 milioni gli yemeniti, oltre l'80% del popolazione, che dipendono dagli aiuti. Inoltre, più di tre milioni di sfollati si trovano ora in campi dove c’è un alto rischio di diffusione di malattie, come malaria e colera. “Se ci fosse un accordo di pace nazionale tra i sauditi e gli insorti Houti - conclude Ardemagni- , bisogna considerare che prima di tutto il governo riconosciuto dalla comunità internazionale è già al momento marginalizzato in questa trattativa, dove di fatto viene scavalcato, e non avrebbe la forza di recuperare il controllo del territorio. Ci sono poi le tante piccole guerre che in questi anni sono proliferate nelle aree più periferiche del Paese dove tribù locali e gruppi ormai autonomi cercano di dar vita a forme di autogoverno locale”.
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