Cure palliative negate ai bambini: solo 5 su 100 possono averle
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
In Italia, su 30 mila minori con diagnosi di inguaribilità solamente il 5 per cento usufruisce di cure palliative, ovvero solo 1500 bambini possono alleviare i dolori delle malattie da cui sono colpiti ed avere una migliore qualità di vita. Una realtà drammatica, denunciata dalla Fondazione Maruzza, da 15 anni dedicata a promuovere le cure palliative, la ricerca e la formazione di personale per assistere i malati affetti da patologie inguaribili.
La petizione al ministro della Salute
Per questo è stata lanciata una petizione sulla piattaforma Change.org rivolta al ministro della Salute, Roberto Speranza, per rendere operativa la Legge 38 che regola la materia, a 10 anni ormai dalla sua approvazione e per spronare le Regioni a realizzare le reti di cure palliative pediatriche su tutto il territorio nazionale, perché possano garantire continuità assistenziale - sull’intera giornata e durante tutto l’anno - ai piccoli malati inguaribili e alle loro famiglie. Ad oggi solo 6 regioni su 20 hanno impiantato una Rete di assistenza domiciliare pediatrica di cure palliative.
Cure per la vita e non per la morte
Definite dall’Organizzazione mondiale della sanità “una responsabilità etica e un imperativo morale dei sistemi sanitari”, le cure palliative sono rivolte essenzialmente ad attenuare il dolore ma anche a dare risposta ad altri bisogni clinici, psicologici, spirituali e sociali, che il decorso della malattia può fare emergere. Il servizio prevede infatti l’intervento di un team di persone dedicate: medici, infermieri, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali, guida spirituale, tutti impegnati a migliorare la qualità della vita del malato. Da non confondere mai le cure palliative con le pratiche di eutanasia, come spiega Elena Castelli, segretario generale della Fondazione Maruzza:
R. - Se abbiamo fatto dei grandi passa avanti nelle guarigioni - infatti ci sono persone che oggi vivono molto più a lungo rispetto a 30 anni fa - ci siamo però dimenticati che ci sono sono moltissimi malati con patologie che ancora oggi sono inguaribili. Sono cittadini che hanno dei diritti, anzitutto il loro diritto è di vivere la loro vita per quello che può essere, lunga o corta, - perché ci sono malattie che magari durano anche molti anni - e però nella maniera più dignitosa possibile e con una risposta vera ai bisogni che hanno. L’importanza delle cure palliative non è la guarigione dalla malattia ma l'attenzione alla persona. Sono stati fatti molti studi che dimostrano come le persone che hanno accesso alle cure palliative vivono non solo meglio, ma anche più a lungo, perché togliendo loro il dolore, togliendo tutti quelli che possono essere gli stress, magari anche procurati da un abbandono, il malato migliora la sua qualità di vita, quindi siamo agli antipodi dell’eutanasia.
Perché questo ritardo nell'applicazione della Legge 38?
R. - Allora io mi limito a commentae la parte pediatrica. Credo che il ritardo sia dovuto anzitutto a delle difficoltà organizzative reali delle Regioni, perché purtroppo non ci sono ancora sufficienti medici che abbiano una preparazione reale nelle cure palliative pediatriche, per cui è difficile organizzare bene una rete assistenziale se tu non hai il personale adeguatamente formato. Quindi manca tantissimo la formazione e poi probabilmente c’è ancora l’incapacità di capire l'importanza di queste cure. Ad esempio, in questo periodo di pandemia i bambini che hanno potuto usufruire di una rete strutturata sul territorio, con l’ospedale e l’hospice pediatrico, hanno risentito poco di questa emergenza, salvo non poter usufruire magari del fisioterapista oppure la paura di dovere fare a meno di un loro caregiver, quindi, se si fosse ammalato un genitore, di non poter essere assistito in maniera continuativa. Questi erano i timori. Ma laddove non c’era affatto una rete, ovviamente questi bambini si sono dovuti spostare magari in auto, per ore, per andare in ospedale e sono rimasti da soli, oppure soltanto con il papà o soltanto con la mamma perché nell’ospedale c’è l’orario di visita. Quindi c’è una grandissima difficoltà anche nell'organizzare e nel riallocare le risorse in maniera corretta. Quindi immagino sia questo il ritardo delle Regioni, però ormai sono passati 10 anni, e se è comprensibile per una riorganizzazione metterci del tempo, io credo che adesso siamo pronti.
Per avere una rete s’intende mettere insieme una serie di soggetti per favorire soprattutto l'assistenza in casa del malato?
R. - Sì la finalità prioritaria della cure palliative è di curare i malati in casa, proprio perché la qualità di vita soprattutto di un bambino dipende dallo stare a casa, con i genitori, i fratelli, la zia, i nonni, il suo cane, i suoi giocattoli… L’obiettivo è questo, però non sempre c’è un domicilio adeguato e quindi un altro riferimento importante della rete è l’hospice pediatrico per cui se un bambino non può essere trattato nella maniera corretta a domicilio, invece di andare per un periodo in ospedale, che è una struttura molto più impegnativa, soprattutto con degli orari specifici, può andare in un hospice pediatrico, dove fare una terapia specifica che non può fare a casa e poi tornare però a casa sua. Quindi i ‘nodi’ della rete sono ovviamente l’ospedale da cui il bambino passa senz’altro, anche per la diagnosi della sua malattia, dopo di che c’è l’hospice dedicato per i bambini e poi c’è il domicilio, ma il fatto di mettere in sinergia questi tre nodi fondamentali passa anche per l'utilizzo sul territorio di quelle che sono le risorse esistenti.
Forse è bene sottolineare che questa petizione è in favore della fascia più debole in assoluto di pazienti, parliamo di malati, bambini, inguaribili?
R. - Esattamente, e la loro paura grande è quella di essere considerati invisibili. Io credo anche che vi sia una grande paura da parte della gente perché l'idea che possa morire un bambino sconvolge tutti però purtroppo non possiamo chiudere gli occhi o fare come gli struzzi, ci sono questi bambini, esistono questi bambini e noi non possiamo dimenticarli e lasciare sole le loro famiglie. Io credo che sia un dovere morale di una società che si possa dire decente.
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