Fase 2, Settimane Sociali: serve una nuova collaborazione tra le parti
Alessandro Guarasci - Città del Vaticano
Da lunedì in Italia nuove aperture. Tuttavia vari studi dimostrano che una piccola impresa su tre non sarà in grado di ripartire per le prescrizioni previste nelle ordinanze per la fase 2. Il governo intanto lavora ai dettagli dell’ultimo dpcm che prevede un investimento da 55 miliardi per arginare gli effetti economici della pandemia di coronavirus. Flavio Felice, componente del Comitato delle Settimane Sociali dei cattolici, dice di vedere “un Paese ancora abbastanza unito ma estremamente stanco dopo la prima fase dovuta al Covid-19. Serve cambiare passo. La democrazia significa funzione critica su questioni di interesse comune":
Si poteva fare di più e comunque la risposta delle istituzioni ha tenuto conto di tutte le esigenze?
R. - Nella fase 1 penso che sia stato fatto tutto quanto si poteva fare. Non credo che sia stato fatto il meglio ma sicuramente ciò che questo governo poteva fare. L'unica cosa che poteva fare era chiudere. Adesso, con un debito pubblico che andrà intorno al 160% del prodotto interno lordo, con una nostra agibilità sui mercati che dipende esclusivamente dalla capacità della Bce di acquistare il nostro debito pubblico, bisogna probabilmente cambiare passo e lo deve fare anche il governo.
Che cosa intende?
R. - Nella fase 2 serve una rinnovata collaborazione in questo caso tra tutte le forze politiche presenti in parlamento, con il governo, le parti sociali e datoriali di rappresentanza dei lavoratori. Insomma significa veramente riprendere un filo spezzato da qualche tempo, che porti al centro la questione del lavoro inteso come produttività, come creazione di benessere diffuso. Tutto questo in una situazione veramente drammatica che rende il Paese sempre più inagibile rispetto alle relazioni economiche mondiali che comunque vanno avanti nonostante la pandemia.
Un patto sociale per superare gli effetti negativi del coronavirus?
R.- Non possiamo più permetterci una relazione tra governo e sindacati in sordina. E non possiamo più permetterci una Confindustria che non partecipi direttamente alle decisioni del Paese, parlo di Confindustria come di tutte le organizzazioni datoriali. Il bene del Paese nasce da una relazione tra tutti questi soggetti, e tra l’opposizione e la maggioranza. Ovviamente l’opposizione deve fare l’opposizione, e mi auguro che lo faccia in maniera sensata, ma anche il governo ingrani un’altra marcia rispetto al decreto dell'altro ieri, si tratta di un decreto forse indispensabile ma non sufficiente.
Lei ha scritto il libro “I limiti del popolo: Autorità politica e democrazia nel periodo di Luigi Sturzo”. I cattolici in politica che cosa possono fare in questa momento?
R. - Quando parlavo di patto sociale mi riferivo a questo. Il cattolicesimo democratico, il cattolicesimo liberale hanno dato questo contributo. Da Sturzo, per passare a De Gasperi fino a più avanti, hanno dato l’idea che il bene comune non si costruisce attraverso una posizione che si impone sulle altre, ma attraverso una continua discussione critica intorno a questioni di interesse. Il punto è l'idea che la democrazia non è il mero conteggio delle teste, ma è la riflessione e la discussione critica tra le varie teste. Un Paese si guida attraverso tutti i livelli della società civile.
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