HIV. Un test semplice e rapido per i bambini
Eliana Astorri – Città del Vaticano
La novità del test messo a punto è che ha bisogno di una piccola quantità di sangue per essere effettuato e fornisce l’esito immediatamente, senza bisogno di strutture specializzate come i laboratori di virologia molecolare. L’uso del nuovo test sui bambini affetti da Hiv, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, valuterebbe l’efficacia delle terapie ricevute e il loro inserimento in altri percorsi terapeutici per la completa guarigione. Intervista al dottor Paolo Palma, responsabile Unità di ricerca in infezioni congenite e perinatali dell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede:
Perché è così importante il nuovo test istantaneo per i bambini che hanno avuto l’Hiv e sono stati curati con le terapie antivirali?
R. - Questo test è importante perché ci permette di andare ad identificare, in maniera molto semplice e con un costo esiguo, quella che è la quota di virus che rimane dentro l’organismo, dentro le cellule dei soggetti in trattamento antivirale. Quindi, ci permette di fare una fotografia più accurata dell’efficacia di un trattamento, ma anche di capire meglio quali siano quei bambini che hanno un viremia residua più bassa e, potenzialmente, una possibilità più alta di avere una remissione virologica, ovverossia, un controllo della replicazione virale senza assumere terapia antivirale. E’ un test molto semplice, come dicevo, pensato per le realtà più povere, per le realtà in cui comunque l’accesso al laboratorio di virologia molecolare risulta proibitivo e, laddove presente, richiede un elevato grado di expertise da parte dell’operatore, così come un certo quantitativo di sangue, dei costi elevati ed anche una capacità di analisi del dato non indifferente. Questo test fornisce un’informazione importante con un basso quantitativo di sangue ed è facilmente eseguibile.
E’ questo è molto importante per i Paesi in via di sviluppo che non hanno strutture sanitarie e tantomeno laboratori adeguati….
R. – Esattamente. E’ particolarmente importante per quelle realtà ed è, appunto, pensato in particolar modo per quelle realtà perché chiaramente le indagini molecolari ci danno delle indicazioni in più. Non va a sostituire questa tipologia di esami, però, la possibilità di applicarla in situazioni in cui molto spesso anche l’accesso ai farmaci antivirali diventa problematico, è una realtà che necessita di un tipo di approccio diverso e questo test va a colmare questo tipo di gap che attualmente abbiamo. Il test si basa sull’analisi del profilo anticorpale verso 10 diversi frammenti di Hiv, caricati su una striscetta reattiva. La risposta verso questi frammenti di Hiv predice il livello di virus residuo all’interno dei bambini con infezione da Hiv ed il tempo d’inizio della terapia antivirale di un bambino. Questo test si può eseguire in zone rurali, in ospedali da campo, in camper medici e in questo senso ha una sua validità perché ci permette di avere informazioni importanti anche con un expertise limitata, con delle procedure d’esecuzione che sono abbastanza semplici e, quindi, ripetibili anche da operatori con una formazione più bassa.
Con quale percentuale di affidabilità?
R. – La capacità di predire il livello di quota di virus residuo, così come il tempo d’inizio trattamento, è stata testata inizialmente mediante un modello bioinformatico su gruppi di pazienti di diverse zone del mondo ed ha una capacità di predizione che supera il 90%. Una capacità molto alta. Come le dicevo, il modello è stato testato non solo su una coorte italiana di Roma, ma è stato ripetuto su diversi gruppi di pazienti infetti in America, in Africa e proprio oggi è uscito un altro lavoro, sempre fatto con lo stesso gruppo University of Massachusetts Medical School, che conferma la capacità di questo test di predire la quota di viremia residua ed il tempo d’inizio della terapia antivirale. Anche l’informazione del tempo di inizio trattamento è molto importante per noi e va a colmare, anche qui, un gap che spesso abbiamo quando si opera in realtà non industrializzate, in cui spesso la storia terapeutica del paziente diventa complessa da recuperare per la mancata disponibilità di file appropriati o di cartella dati che permettono di avere un’informazione retrospettiva della storia terapeutica di un soggetto. Con questo test noi riusciamo a screenare molto bene quei bambini che sono stati trattati precocemente e che sono i bambini migliori candidati per un’immunoterapia o per un vaccino, rispetto a quelli che sono stati trattati tardivamente, con un’attendibilità molto alta.
Che costo ha rispetto ad altri test che, invece, richiedono tempi più lunghi e macchinari più complessi?
R.- Non c’è paragone tra il costo di questo test (pochi euro) rispetto ad uno dei test di virologia molecolare che sono attualmente disponibili, che, come torno a ripetere, sono complementari e talvolta danno delle informazioni aggiuntive, però, ad un prezzo sicuramente molto molto più alto. Parliamo di almeno centinaia euro quando questo test costa poche decine di euro, stiamo sotto ai dieci euro ed è un test la cui analisi è molto semplice da fare perché basta contare le positività, ovverossia, dove c’è una positività apparirà una banda scura (come nella fotografia che è stata rilasciata insieme al comunicato stampa). Con un punteggio che va da 0, dove non sono rilevabili bande, a 10 quando tutte le bande sono rilevate. Quindi, ad un numero 0/1 corrisponderà un certo livello di quota di viremia residua compreso tra 0 e 100 copie ed un tempo di inizio trattamento inferiore alle 12 settimane, mentre ad un punteggio di 10 corrisponde una quota di virus residuo che è >1500 copie ed un tempo di inizio trattamento che sicuramente è superiore all’anno (72 settimane).
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