La messa a Santa Marta dalle nostre prigioni
Davide Dionisi - Città del Vaticano
“Non ci ha mai abbandonato e anche in questo periodo di sofferenza nella sofferenza, ci ha accompagnato tutte le mattine con le sue parole di conforto e di sostegno”. E’ la testimonianza unanime di tanti detenuti che, fin dall’inizio della diffusione del Covid 19, hanno scelto di ascoltare il messaggio di speranza di Papa Francesco attraverso le sue omelie mattutine a Santa Marta.
Le omelie e le meditazioni della Via Crucis
Non solo sono stati accompagnati in questo nuovo percorso accidentato, ma in alcuni casi hanno avuto l’opportunità di proporre le loro preghiere nel momento liturgico forte dell’anno. I testi delle meditazioni, infatti, proposte quest'anno per le stazioni della Via Crucis sono stati affidati dallo stesso Francesco alla Cappellania della Casa di Reclusione "Due Palazzi" di Padova. "Mi sono sentito fratello di chi ha sbagliato e di chi accetta di mettersi accanto a loro per riprendere la risalita della scarpata” ha scritto dopo aver letto i testi. E il pontefice li ha ricordati più volte nelle sue messe mattutine.
Un carcere a misura d’uomo
Papa Francesco, durante una delle sue omelie, ha evocato un carcere con meno popolazione e si è detto preoccupato per il sovraffollamento proprio in un momento in cui viene richiesta la distanza di sicurezza. Perché un istituto con più spazi vivibili, significa più attenzione e possibilità di reinserimento sociale.
Il messaggio a Papa Francesco
Si chiamano Gianni, Massimo, Orlando, Massimiliano, Daniele, Mouhcine, Paolo, Goffredo, Alessandro, Danilo, Silvio, Francesco. Solo per citarne alcuni. Dietro a ciascun nome un percorso diverso, drammatico per certi versi, che li ha condotti in carcere a pagare il loro debito con la società. La pandemia li ha colti di sorpresa ma, paradossalmente, preparati perché da ristretti loro ci vivono da anni. E proprio perché la situazione la conoscono molto bene, hanno deciso di lanciare un messaggio a quello che sono soliti chiamare “mondo libero”. Lo hanno fatto ringraziando innanzitutto il Papa.
Tempo del carcere, tempo di fede
Il tempo del carcere, durante la pandemia, è diventato tempo di fede e il sistema carcerario, considerato di solito una sorta di imbuto nel quale confluiscono tutte le contraddizioni sociali che stanno fuori, è riuscito a smussare alcuni angoli dimostrando che una giustizia veramente a misura d' uomo comporta lo sviluppo della personalità del detenuto (anche attraverso la fede) pur nella necessità di una giusta pena.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui