Fine del Ramadan con le moschee che restano chiuse
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Anche per la fine, così come per l’inizio: il Ramadan, mese sacro per l’Islam, si è aperto il 24 aprile nella totale chiusura dei fedeli musulmani di tutto il mondo, e oggi si conclude ancora in lockdown. In Italia, nonostante l’avvio della fase 2, e quindi della riapertura dei luoghi di culto dal 18 maggio, l’Ucoii, Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia, ha stabilito la chiusura di moschee e sale di preghiera fino al 25 maggio, rimandando quindi l’apertura al giorno successivo all’ Eid al-Fitr, la festa della rottura del digiuno. Una scelta che non riguarda solo le comunità islamiche italiane, anche altri Paesi hanno deciso di tenere in vigore le chiusure per contrastare la diffusione di Covid-19. Dalla Turchia a Gerusalemme, le moschee verranno riaperte solo dopo Eid al-Fitr. Stessa decisione in Cisgiordania, in Indonesia, Egitto, Libano, Malesia e Iran.
La pandemia ha rafforzato la dimensione individuale della fede
La pandemia continua a dettare le sue regole, tuttavia in questo caso si tratta di una precisa scelta precauzionale. “La festa di Eid al-Fitr – spiega a Vatican News il presidente dell’Ucoii, Yassine Lafram – è una festa partecipatissima, per questo non abbiamo voluto rischiare. Si è scelta la strada della prudenza per evitare di creare grandi assembramenti e quindi di non riuscire a rispettare le regole” contenute nel protocollo firmato dall’Ucoii con il presidente del Consiglio Conte e il ministro dell’Interno Lamorgese. Il Ramadan del 2020, con la sua chiusura, ha segnato una forte dimensione individuale del fedele, “si è maggiormente lavorato su noi stessi – precisa Lafram – ciascuno di noi, a casa sua, con la sua famiglia, ha cercato di ricreare il clima del mese sacro. Non è stato facile, perché la dimensione collettiva, la dimensione comunitaria, aiuta a vivere questo mese al meglio, perché si rafforza il senso di comunità, di appartenenza ad una comunità di fede. Ecco, questo ci è mancato, però tutto è andato a vantaggio di una crescita personale individuale che si è sentita tantissimo”.
Per il Ramadan i messaggi dei vescovi Delpini e Nosiglia
Così come per i cristiani e per gli ebrei, anche per i musulmani il periodo di lockdown è coinciso con importanti festività religiose. A precisarlo è, in un messaggio di auguri alla comunità islamica di Milano, l’arcivescovo della città, monsignor Mario Delpini, che ricorda come i provvedimenti adottati per contrastare la diffusione della pandemia abbiano obbligato “a una disciplina di preghiera e digiuno nelle case, senza potersi ritrovare in spazi e momenti comuni di riflessione e preghiera”, una mancanza che in qualche modo, riflette Delpini, ha portato tutti ad interrogarsi “sulla bellezza della preghiera comune, sull'importanza di ritrovarci insieme per ascoltare le parole di Dio”. Yassine Lafram lo conferma: “Abbiamo cercato in qualche modo di adattarci alla situazione, perché la sacralità della vita va al di là di ogni celebrazione religiosa, di ogni rito religioso. Quindi abbiamo fatto una scelta di responsabilità, perché ci teniamo tutti quanti a superare questa pandemia il prima possibile”. Anche l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia indica, nel suo messaggio ai musulmani del capoluogo piemontese, l’importanza di una conversione interiore che, nonostante tutto, ha potuto “esprimersi con discrezione nella preghiera personale autentica, nella condivisione delle gioie e dei problemi delle proprie famiglie, in particolare dei più piccoli e dei malati, e nella solidarietà più esigente verso i bisognosi, che purtroppo sono molto aumentati di numero in questo periodo”.
Questo periodo farà riflettere sul senso della vita
Da questi mesi di grande emergenza e criticità, l’essere umano, forte della sua capacità di adattarsi alle situazioni, è il pensiero di Lafram, riuscirà a trarre del bene: “Abbiamo visto molte persone riscoprire la qualità dei rapporti sociali, di certe relazioni che erano andate perdute, il valore della famiglia, dello stare insieme, della condivisione, non ultimo il poter riflettere su quello che è anche il senso della vita”. In un momento in cui si era perso molto della dimensione spirituale, conclude il presidente dell’Ucoii, si ritorna a sentire che vi è bisogno anche “di ciò che è alto, di ciò che è spirituale, metafisico, trascendentale. Non si può quindi giudicare questo periodo solo come un periodo nero della storia dell'umanità, un periodo cupo e triste. È una di quelle prove che subiamo come esseri umani per riscoprire ciò che veramente vale e ciò che veramente è superfluo, questa è la bellezza anche di questo periodo, nonostante le disgrazie e i lutti che abbiamo vissuto tutti quanti”.
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