Coree, bombe sul dialogo. Il vescovo di Daejeon: il popolo vuole la pace
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Era il simbolo del dialogo tra le due Coree dopo il vertice del disgelo del 2018, a gennaio era stato chiuso per l’emergenza coronavirus, ma ora è stato distrutto. L’esplosione dell’ufficio di collegamento intercoreano di Kaesong - la più meridionale delle città nordocoreane, al confine col Sud - è stata percepita come il desiderio di Pyongyang di rompere i rapporti diplomatici con Seul dopo giorni di minacce di un attacco militare. La Corea del Nord, in sostanza, rimprovera alle autorità sudcoreane di non impedire lungo il confine la diffusione di volantini contenenti propaganda contro Kim Jong-un, ma questo non è un fattore di certo recente. Dunque le motivazioni appaiono più profonde, ma al contempo legate anche alla difficile situazione economica che il Nord sta vivendo. La pandemia, non è un mistero, non conosce confini e le sue conseguenze sociali ed economiche attraversano ogni frontiera.
La penisola tra storia e scenari futuri
Bombe sul dialogo, dunque, e proprio a pochi giorni dal 70.mo anniversario dell'inizio della Guerra di Corea, scoppiata il 25 giugno 1950. Le due Coree sono tecnicamente in una situazione di allerta militare dal 1953, non avendo firmato un trattato di pace al termine del conflitto. La scorsa settimana Pyongyang aveva interrotto ogni contatto con Seul: una scelta che negli ultimi due anni non aveva avuto precedenti. Sullo sfondo le promesse statunitensi di un alleggerimento delle sanzioni che, però, sono invece proseguite. Sanzioni internazionali che, in tempo di pandemia, incidono ancora di più rispetto al passato.
L'appello alla riconciliazione
“Mi ha molto addolorato quanto accaduto ieri, il nostro presidente ha cercato la pace permanente nella penisola e tanti passi avanti erano stati fatti in questi anni”. Lo afferma nell'intervista a VaticanNews monsignor Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon, diocesi della Corea del Sud. “Kim-Jong un voleva dare un forte sviluppo al Paese con il suo programma di cinque anni, ma negli ultimi mesi - sottolinea il presule - la situazione è peggiorata a causa della pandemia”.
“Nessun aiuto economico è arrivato, ora all'America chiedo di lasciarci portare avanti un rapporto tra le due Coree, devono prevalere gli interessi del popolo coreano”, ribadisce monsignor Lazzaro You Heung-sik, sottolineando come quest'ultimo sia in grado di lavorare per la riconciliazione.
La novena per la pace
“Siamo un unico popolo, parliamo la stessa lingua, siamo tutti fratelli e sorelle e con questo spirito abbiamo iniziato la novena di preghiera in vista dell'anniversario del 25 giugno, quando celebreremo la Giornata di preghiera per l’unità nazionale", racconta ancora nel corso dell'intervista il vescovo di Daejeon. "Chiediamo al Signore - prosegue - che questo 2020 sia l'anno in cui costruire la pace, la riconciliazione”. “Quando Papa Francesco venne nella mia diocesi, quasi sei anni fa - ricorda - mi disse che siamo tutti fratelli e sorelle e che dobbiamo perseverare per arrivare alla riconciliazione, avere pazienza”. Ma qual è oggi il clima nel Paese? La tensione non manca, ma “anche i giovani vogliono la pace, dobbiamo dichiarare finalmente che quella guerra è finita! I motivi politici ed economici non possono prevalere – conclude monsignor Lazzaro You Heung-sik - sull'obiettivo di una penisola pacificata”.
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