L'Italia in fase 3, per l'Istituto Sturzo serve un nuovo slancio dei corpi sociali
Alessandro Guarasci - Città del Vaticano
In Italia entro due settimane il governo intende mettere a punto un provvedimento per semplificare le procedure burocratiche. Un provvedimento che dovrebbe accompagnare la fase 3 della pandemia di coronavirus. Ieri, il premier Conte ha detto che la crisi deve essere l'occasione per ridisegnare l'Italia grazie a una nuova unità tra forze politiche e sociali. Per il presidente dell’Istituto Sturzo, Nicola Antonetti,“stiamo vivendo una situazione molto grave dal punto di vista economico e di riflesso dal punto di vista sociale. I primi segnali fragorosi li abbiamo. Chi cammina per le città vede i negozi chiusi. Chi si occupa di industria vede tante aziende chiuse. Serve ripensare il complicato rapporto degli ultimi decenni. In questa situazione, io sto pensando che per la fase 3 del post coronavirus deve emergere un terzo attore fondamentale, che è la società”.
Ovvero?
R.: - Essa deve riprendere il proprio ruolo di promotrice di virtù civili, ovvero di virtù necessarie per esercitare la cittadinanza. I progetti non possono nascere in una triangolazione tra governo, parti sociali e Confindustria. E’ la società che deve essere capace di esprimere la capacità, la volontà di godere e di vivere in maniera impegnata la propria cittadinanza.
Eppure i i corpi sociali sono periodicamente consultati...
R.: - Serve una visione più estesa dopo il coronavirus. Per esempio il mondo cattolico potrebbe esercitare finalmente delle virtù, farsi promotrice di una realtà che cambia. Io ho paura che tutto si risolva in una contrattazione interna tra governo e opposizione e tra governo e Confindustria. Se noi pensiamo alla sostanza del Recovery Fund, vediamo che l’Italia dovrebbe essere la più premiata da questo sussidio europeo, questo riguarda un’ampia gamma di impegni. Ad esempio l’impegno della trasformazione del complesso industriale verso la Green Economy. E allora, la società non ha nulla da dire su questa realtà? Un altro elemento fondamentale è l’inclusione. E poi la digitalizzazione, che cosa significa concretamente? Io ho paura che ci siano troppe parole d'ordine vaghe e non credo che il cambiamento possa avvenire attraverso una triangolazione tra politica ed economia. Credo che ci sia bisogno che emergano altri attori, come l’associazionismo.
Il premier Conte ha parlato di una riforma del fisco. Per lei, che guida l'Istituto Sturzo, è il momento giusto per farlo?
Assolutamente sì. Io non capisco le remore nazionalistiche che vengono anche da parte dei M5s. Perché una politica fiscale comune è una politica fiscale europea, che impone non solo all’Italia una revisione. Serve eliminare l’elusione del pagamento delle tasse e dall'altra parte del sommerso economico, sono 50 anni che se ne parla. La politica non sa andare nella soluzione dei grandi problemi. Bisogna che ci sia una grande spinta e questa non può venire solo dalla politica, ma soprattutto dalla società.
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