Israele. La Corte Suprema annulla la legge del 2017 sugli insediamenti
Giada Aquilino - Città del Vaticano
La Corte Suprema di Israele ha respinto come "incostituzionale" la legge del 2017 che avrebbe legalizzato insediamenti ebraici in Cisgiordania, circa 4.000, costruiti su terreni privati palestinesi. La decisione giunge quando il governo Netanyahu intende intraprendere, a partire da luglio, le procedure per l'annessione di parti della Cisgiordania, nel contesto del piano per il Medio Oriente presentato dall’amministrazione statunitense del presidente Trump, e in un momento in cui l'Anp, Autorità nazionale palestinese, ha inviato a Unione Europea, Onu e Russia, membri del Quartetto per il Medio Oriente assieme agli stessi Stati Uniti, una propria contro-proposta per uno Stato palestinese "in grado di sostenersi", entro le linee del 1967.
La legge del 2017
Per Giorgio Bernardelli, giornalista di “Mondo e Missione” e profondo conoscitore delle dinamiche mediorientali, il pronunciamento della Corte Suprema israeliana è “una decisione che riguarda una situazione molto specifica ed era attesa”. “Si parla - dice a Vatican News - di alcuni insediamenti che, per la stessa legge dello Stato ebraico, erano in qualche modo illegali perché c'è una precedente legge israeliana, risalente agli anni Settanta, con cui si stabilisce che non è possibile costruire insediamenti su porzioni di territorio che siano dimostrabili di proprietà di un privato palestinese”. Il testo del 2017, spiega, “serviva a fare una sanatoria”, in quanto “gli insediamenti in questi anni sono rimasti al loro posto”.
La questione della Cisgiordania
A proposito dell’avvio dell’annessione di parti della Cisgiordania, annunciata dal governo Netanyahu per il prossimo mese e sulla quale oggi il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, in visita a Gerusalemme, ha espresso la "grave preoccupazione" della Germania, Bernardelli sottolinea come non sia “il piano Trump a prevedere la scadenza del primo luglio: è Netanyahu - dice - che ha caricato di significati questa data per compiere un atto sulla questione degli insediamenti prima dell'estate e sostanzialmente prima di novembre. Nella corsa alla Casa Bianca c'è Biden che su questa specifica questione ha un orientamento diverso, ha detto di non riconoscere il piano di Trump”. C’è poi da registrare, aggiunge, come il premier israeliano stia “trovando un’opposizione molto forte a destra: c’è infatti chi è contrario all’annessione unilaterale che avrebbe intenzione di presentare Netanyahu, perché implicitamente è un’annessione che, rifacendosi al piano di Trump, prevederebbe comunque la nascita di uno Stato palestinese”. “In realtà poi - aggiunge il giornalista di "Mondo e Missione" - non è affatto detto che il primo luglio Netanyahu presenti questa annessione così come l'aveva prefigurata nelle scorse settimane. È molto probabile che opti per un passaggio più simbolico: oggi sulla stampa israeliana si parla ad esempio dell'annessione di alcuni insediamenti, quelli più altamente popolati che con molta improbabilità non verranno mai sgomberati da Israele, mentre dall’annessione resterebbe fuori la valle del Giordano, che è l’aspetto forse più delicato di tutta la questione”.
Piano palestinese al Quartetto
Per quanto riguarda la contro-proposta palestinese, “l’elemento politico importante”, nota Bernardelli, è che sia stata presentata “al Quartetto”. “Mentre da una parte c’è il piano Trump, i palestinesi - aggiunge - puntano a riallargare la prospettiva del negoziato sul Medio Oriente coinvolgendo nuovamente anche Unione Europea, Nazioni Unite e Russia, com’era il vecchio format, assieme agli Usa. Nello specifico, la proposta che fanno i palestinesi è di tornare ai cardini di quello che era il negoziato sulla questione dei due Stati”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui