Strage di donne nel naufragio al largo della Tunisia
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Una strage soprattutto al femminile. Finora ritrovati senza vita da unità della Marina militare e della Guardia costiera della Tunisia i corpi di 22 donne, tra cui una donna incinta, e di una bimba di 2 anni. Ma anche 9 uomini e altri due minori. Alcuni sono tunisini, più di venti ivoriani, gli altri di vari paesi dell'Africa sub-sahariana. Sembra sia tunisino e originario di Sfax, l'uomo al timone. Proprio da Sfax, seconda città della Tunisia, ad est del Paese, sarebbe partito nella notte tra il 4 e il 5 giugno il peschereccio che al massimo avrebbe potuto prendere a bordo 20 persone e ne aveva caricate oltre 50. E' affondato nell'area di mare tra El Louza (Jebeniana) e Kraten al largo delle isole Kerkennah, arcipelago tra i più suggestivi al mondo. Dove si dovrebbe andare per godere della bellezza e dove invece proseguono le ricerche dei dispersi di una tragedia già vista.
Al largo della Libia
Guardando al Mediterraneo, nella cronaca di questi giorni c'è anche il rientro forzato in Libia di 185 persone – tra cui molti bambini - che la guardia costiera aveva intercettato in mare su tre diverse imbarcazioni. E l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) è tornata a sottolineare la preoccupazione per le condizioni in cui si trovano le persone all'interno dei campi nel Paese nordafricano. Ad assistere ai respingimenti dall'alto anche l'aereo Moonbird della Ong Sea Watch, arrivata due giorni fa in zona Sar dopo aver avvistato tre imbarcazioni in difficoltà poi soccorse dai libici che hanno preso a bordo i migranti riportandoli indietro. La Ong ha accertato che fossero molti i bambini.
L'appello di Save the children
La notizia dell'ennesimo naufragio e della perdita di vite umane al largo della Tunisia - sottolinea Raffaela Milano, Direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children - ci ricorda drammaticamente che è necessario e urgente rimettere il tema del rispetto dei diritti umani al centro delle priorità nelle politiche europee sulla migrazione. E' necessario attivare al più presto un meccanismo coordinato di soccorso e protezione tra gli Stati membri, creando vie di accesso legali e sicure dalle areedi crisi o di transito per proteggere chi ogni giorno rischia e troppo spesso perde la vita". Inoltre, Milano ha commentato anche i rimpatri in Libia: "Consideriamo inaccettabile che donne, uomini, bambini, continuino a essere riportati in un Paese dove permangono e si sono acutizzate, a causa del conflitto tuttora in corso, continue violazioni dei diritti umani e dei diritti dell'infanzia". "In nessun caso - ha sottolineato la rappresentante di Save the children - la Libia può essere considerata un luogo sicuro, verso il quale, dunque, non vanno effettuati rimpatri o trasferimenti né di adulti né di minori. Nei centri di detenzione continua a consumarsi una terribile violazione dei fondamentali diritti di persone, tra le quali molti bambini e bambine, soggetti a forme di violenza di ogni tipo, così come peraltro acclarato dai rapporti delle Nazioni Unite e dalle testimonianze di chi riesce a lasciare il Paese".
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