La Serbia verso l'Unione europea:nuovi passi dopo il voto
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Subito dopo l'annuncio dei risultati entusiasmanti per il suo partito, il presidente Vučić ha detto che per la formazione del nuovo governo si consulterà e parlerà con un ampio spettro di forze politiche, senza alcuna arroganza o volontà discriminatoria e nell'intento di arrivare a un largo consenso, scegliendo le personalità migliori e più valide. Il ministro degli Esteri e leader del Partito socialista Ivica Dačić dal canto suo, dicendosi soddisfatto del risultato, ha annunciato la volontà di proseguire nella collaborazione con l'Sns di Vučić.
L'equilibrio politico in Parlamento
All'indomani del voto, stando alle elaborazioni effettuate dagli istituti Ipsos e Cesid, l'Sns disporrà verosimilmente di 189 seggi sul totale di 250; al Partito socialista (Sps) di Dačić , che ha ottenuto poco più del 10 per cento, andranno 32 seggi; mentre ne otterrà 12 il movimento Spas dell'ex pallanuotista Aleksandar Šapić , al quale è andato circa il 4 per cento, poco al di sopra della soglia di sbarramento del 3 per cento. Entrano in parlamento anche quattro liste in rappresentanza delle minoranze, l'Alleanza degli ungheresi di Vojvodina con nove seggi, la lista di Muamer Zukorlić con 3, l'Alternativa democratica albanese con 3 e l'Sda del Sangiaccato di Sulejman Ugljanin con 2.
Le tappe dell'avvicinamento all'Ue
La Serbia ha firmato l'accordo di stabilizzazione e associazione (Asa) con l'Unione europea a Lussemburgo il 29 aprile 2008; i negoziati per l'Asa erano iniziati il 10 ottobre 2005, quando era ancora confederata con il Montenegro, e l'accordo è entrato in vigore il primo settembre 2013. Belgrado ha presentato domanda di adesione all'Ue il 22 dicembre 2009. I negoziati per l'adesione vera e propria sono iniziati il 21 gennaio 2014. I vari dossier procedono. Tra gli ambiti in cui Belgrado è chiamata da Bruxelles a significative riforme c'è quello dei diritti fondamentali, quello della giustizia, libertà, sicurezza, e la distanza è notevole in tema di ambiente. E c'è la questione dei rapporti tra Serbia e Kosovo che l'Ue chiede sia risolta prima di qualunque passo di adesione.
Nuove prospettive nei rapporti tra Belgrado e Pristina
In Kosovo, dove il nuovo governo guidato da Avdullah Hoti, nato a inizio giugno tra varie polemiche, ha annunciato di voler eliminare i dazi che il Kosovo aveva imposto alla Serbia del 100 per cento in seguito ad alcune decisioni di Belgrado come quella di ostacolare l'ingresso di Pristina nell'Interpol. Si potrebbe dunque riaprire la via alla ripresa delle relazioni diplomatiche.
Del risultato elettorale in Serbia, del cammino verso l'Ue, ma anche del contesto regionale e dei rapporti con la Russia, e del'imminente anniversario di 25 anni dagli Accordi di Dayton, Fausta Speranza ha parlato con Daniele de Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all'Università del Salento:
De Luca ricorda che prima del voto di domenica in Serbia è stata dibattuta la legge elettorale in particolare a proposito del punto sullo sbarramento e spiega che la vittoria di Vučić ha confermato un grande consenso a suo favore proprio dopo tale dibattito sollevato dall'opposizione. Lo storico sottolinea il grande distacco di punti tra il partito del presidente, ben oltre il 60 per cento, e il secondo partito, quello socialista che ha ottenuto poco più del 10 per cento di voti. Questo significa che la stabilità di governo - tra i punti chiave richiesti dall'Ue per soddisfare i requisiti di ingresso nell'Ue - viene assicurata. De Luca, dunque, cita la questione del Kosovo, spiegando che in questo momento ci sono buone prospettive di progresso nella normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina, ribadendo che è questo un altro dei punti fondamentali per Bruxelles.
Lo storico poi parla del contesto politico regionale e dei rapporti, da sempre molto stretti, tra la Serbia e la Russia, citando l'imminente visita di Vučić a Bruxelles e a Mosca. E c'è anche un contesto storico: De Luca ricorda che a novembre saranno passati 25 anni dagli Accordi di Dayton, seguiti poi a dicembre dal piano di pace. A fine 1995 si mise fine così alla guerra in Bosnia, dopo che a luglio era avvenuto il terribile massacro di Srebrenica, per il quale si è parlato dapprima di 6000 vittime mentre più di recente si è accertata la morte di almeno 8000 persone.
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