La morte della piccola Zohra, ancora una vittima del lavoro minorile
Marco Guerra – Città del Vaticano
La brutale uccisione di Zohra, una bambina di otto anni di una famiglia poverissima di un villaggio del Punjab, sfruttata come domestica in Pakistan, ha accesso nuovamente i riflettori sul drammatico fenomeno del lavoro minorile che coinvolge circa 152 milioni di bambini in tutto il mondo.
Zohra sfruttata da una coppia ricca
La piccola è morta lo scorso 31 maggio per le conseguenze delle percosse subite dai sui datori di lavoro, una coppia benestante di Rawalpindi che, secondo alcune indiscrezioni, l'avrebbe picchiata perché aveva liberato da una gabbia due pappagalli. Il caso ha indignato e scosso tutta l’opinione pubblica mondiale, compresa parte della società civile pakistana che da sempre denuncia il diffuso utilizzo di bambine di famiglie povere nel settore dei lavori domestici. La povertà estrema infatti spinge molti genitori a mandare i propri figli a lavorare presso famiglie più ricche spesso con la promessa illusoria di una scolarizzazione e di una istruzione, come nel caso della piccola Zohra.
12 milioni di bambini lavoratori in Pakistan
Lo scorso 3 giugno il ministro pakistano dei Diritti umani, Shireen Mazari, ha fatto sapere che il suo ministero aveva proposto di modificare la legge sul lavoro minorile per classificare il lavoro domestico come "occupazione pericolosa". Ciò significherebbe che i bambini non potrebbero essere più impiegati presso abitazioni private. Al momento in Pakistan è illegale utilizzare lavoratori minori nelle fabbriche e in altre attività produttive, tuttavia sono ancora circa 12 milioni i bambini lavoratori nel paese, ha detto Sajjad Cheema, direttore esecutivo della ONG pakistana Società per la protezione dei diritti dell'infanzia (SPARC).
Interventi sulla legislazione
Rabiya Javeri Agha, Segretaria federale presso il ministero dei Diritti umani, ha affermato che le contraddizioni all'interno dell’ordinamento pakistano relative “all'età legale” devono essere affrontate al fine di proteggere i bambini dalla violenza da parte dei datori di lavoro. “C'è bisogno di chiarezza giuridica e costituzionale sull'età del bambino", ha detto l’esponente del governo, che ha sottolineato la necessità di un cambio di mentalità: “Al di là della legislazione c'è un'urgente necessità di cambiare la nostra 'cultura della disciplina' attraverso punizioni corporali, sia a casa che a scuola”.
Una questione culturale
Di questo aspetto della società pakistana ha parlato, a Vatican News, anche Francis Paul, giornalista e membro della comunità cristiana pakistana in Italia, secondo il quale alcune fasce della popolazione hanno proprio l’abitudine di educare i bambini infliggendo loro delle punizioni fisiche. Francis Paul ritiene che questa stessa mentalità sbagliata rende molto difficile combattere il lavoro minorile, oltretutto le famiglie più povere e afflitte dal degrado sociale sono solite usare il lavoro dei minori per ottenere aiuti economici. “Bambini di 11-12 anni smettono di andare a scuola per aiutare la famiglia” spiega il giornalista, “sarà un processo molto lungo sradicare questa mentalità, in troppi sfruttano i piccoli per arricchirsi, a questo si aggiungono le discriminazioni etniche e sociali che portano i bambini delle minoranze ad essere ancora più sfruttati”.
La Giornata contro lo sfruttamento minorile
Questo ennesimo caso di violenza emerge a pochi giorni dalla Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile che si celebra ogni anno il 12 giugno. La ricorrenza è stata indetta dalle Nazioni Unite nel 2002 per focalizzare l'attenzione globale sulla difficile situazione dei bambini lavoratori e sul contrasto a questa piaga sociale.
Onu: 152 milioni di schiavi
L’Onu fornisce una fotografia drammatica di questo fenomeno: dei 152 di bambini che lavorano, di età compresa tra 5 e 17 anni, quasi la metà è impiegata in mansioni pericolose. Il lavoro minorile si concentra principalmente nell'agricoltura, 71%, il 17% nei servizi e il 12% nel settore industriale, compreso quello minerario. Nei Paesi meno sviluppati, poco più di un bambino su quattro è impegnato in un lavoro che è considerato dannoso per la salute e lo sviluppo.
Un bimbo su dieci è costretto a lavorare
L'Africa è la regione dove il lavoro minorile è maggiormente diffuso sia in percentuale rispetto alla popolazione infantile sia nel numero assoluto di bambini coinvolti. In pratica nel mondo un bambino su dieci è costretto a lavorare, il numero dei bambini lavoratori è tuttavia diminuito di 94 milioni unità dal 2000 ma è ancora molto distante uno degli “obiettivi per lo sviluppo sostenibile” indicati dall’Onu, che prevede la fine del lavoro minorile in tutte le sue forme entro il 2025.
Ocmin (Cisl): bambine domestiche, dramma diffuso
Per un’analisi della situazione abbiamo raccolto il parere di Liliana Ocmin, responsabile del Coordinamento nazionale donne e del patronato immigrazione della Inas Cisl, la quale sottolinea che lo sfruttamento del lavoro domestico della bambine, presso famiglie facoltose, è un dramma molto ricorrente in alcuni Paesi, “tant’è vero che la Convezione internazionale 189 è stata fortemente voluta da quelle nazioni in cui il fenomeno è molto presente”.
Covid - 19 peggiora la condizione delle vittime
“Questo impegno viene da molto lontano – prosegue la Ocmin – è stride con la cronaca di questi giorni. Anche alla luce di quello che è avvenuto con il Lockdown dovuto al Covid, preoccupano quelle situazioni di isolamento delle vittime, inoltre la pandemia farà aumentare la povertà e quindi la tratta dei bambini”.
I minori non accompagnati
Secondo la Ocmin, per quanto riguarda il lavoro domestico, oltre il Pakistan, desta attenzione la situazione negli Emirati Arabi e in Africa. “Siamo preoccupati anche della situazione dei minori non accompagnati qui in Europa, che nella migliore delle ipotesi sono sfruttati nel mondo del lavoro ma in molti casi finiscono anche nella rete del mercato del sesso”.
Scuola antidoto contro lo sfruttamento
L’esponente della Cisl evidenzia che la scuola e la formazione sono gli strumenti più forti per combattere lo sfruttamento minorile: “Senza la cultura e l’istruzione questi bambini sono condannati ad essere schiavi, ovviamente bisogna garantire alimentazione e sanità, ma subito dopo è il diritto alla scuola a fare la differenza nella protezione dell’infanzia”.
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