Ue: rimandata a luglio la decisione sul piano di aiuti per affrontare la crisi
Michele Raviart – Città del Vaticano
Si è conclusa con un rinvio a metà luglio, questa volta in presenza, la videoconferenza dei 27 capi di Stato e di governo dell’UE per decidere sul piano di aiuto proposto dalla Commissione che ha l’obiettivo di superare la crisi economica dovuta al coronavirus. “Ci sono elementi di consenso, ma occorre continuare a discutere”, ha affermato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Necessaria l'unanimità
“C’è una volontà politica di agire”, ha detto Michel, ma rimane “molto difficile” trovare il consenso sull’entità degli aiuti, sulle loro condizionalità e le loro ripartizioni. Si preannuncia quindi una trattativa lunga per raggiungere l’unanimità sul Recovery Plan, che nella proposta della Commissione prevedeva 750 miliardi di euro di prestiti e sovvenzioni più altri 1,000 attraverso il bilancio pluriennale dell’Unione, la cui quota destinata a sostenere l’economia degli Stati Membri è un altro dei motivi del contendere.
Rimangono le divisioni
“Il successo del piano dipende anche dalla sua rapida adozione”, ha ribadito la presidente Ursola von der Leyen, che spera di chiudere il negoziato entro i primi giorni di agosto. Rimane però la spaccatura tra i Paesi “ambiziosi”, Italia, Francia, Spagna e Germania - con Angela Merkel che ha affermato che difficilmente sarà possibile avere gli aiuti prima del 2021 e i Paesi cosiddetti “frugali”, tra cui Svezia e Olanda, che non hanno fretta di chiudere entro l’estate. “Va bene che altri Paesi esercitino pressioni”, ha detto il premier olandese Mark Rutte, “ma ora bisogna concentrarsi sul contenuto”.
Una proposta ambiziosa
David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, definisce “ambiziosa” la proposta della Commissione e ribadisce che “rappresenta la base minima di partenza. Non accetteremo nessun passo indietro”. “Apparentemente quello non sarà il piano su cui gli Stati Membri lavoreranno a luglio”, commenta a Vatican News Federiga Bindi, esperta di questione europee e docente a Tor Vergata.
Un negoziato "in presenza"
Per raggiungere un accordo, spiega è necessario “che ciascun leader possa cantare vittoria nel proprio Paese e quindi che ci sia un qualcosa che faccia contenti tutti”. In questo potrebbe aiutare il fatto che il Consiglio europeo di metà consentirà un incontro “di persona” tra i leader. “La mia impressione è che questa modalità in remoto renda il decidere ancora più difficile. Se i leader non si incontrano di persona il negoziato non si sblocca”, aggiunge, “In una videoconferenza nessuno dei Paesi si vuole esporre perché hanno paura di qualche ‘leaks’, mentre “in un incontro di persona è più facile smussare gli angoli”.
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