La Bce raddoppia il suo impegno sul debito
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Ci voleva l’ombra della peggior recessione della storia moderna, perché l'Europa rompesse il tabù della messa in comune di un debito europeo e si ipotizzasse un piano di rilancio dell'economia come il Recovery Fund, elaborato dalla Commissione e in attesa del voto dei 27.
Raddoppia l'impegno della Bce
Il consiglio direttivo della Bce il 4 giugno ha aumentato di 600 miliardi il 'Pepp', il programma di acquisto di debito per l'emergenza pandemica da 750 miliardi di euro lanciato a marzo, che assicura la flessibilità di comprare una larga proporzione di titoli dei Paesi più colpiti, privilegiando i Paesi della sponda mediterranea. Il 'Pepp' sale così a 1350 miliardi di euro totali, un ammontare che fornirà ampia copertura alle forti emissioni di debito necessarie agli Stati per far fronte allo shock economico. Il programma, da una scadenza iniziale fissata a dicembre prossimo, viene ora esteso fino ad "almeno tutto giugno 2021". Inoltre, la Bce ha lasciato invariati i tassi (a -0,50 per cento quello sui depositi e a zero quello sui rifinanziamenti principali).
La prospettiva del Recovery Fund
E' in corso il negoziato tra governi per l'approvazione della proposta del cosiddetto Recovery Fund presentata il 27 maggio dall'esecutivo Ue. Ci si aspetta che la votazione avvenga nel summit del 18 giugno, che, vista la complessità del dossier, dovrebbe tenersi con la presenza fisica dei leader a Bruxelles. Sui media si discute delle perplessità dei Paesi che vengono definiti “frugali”, Austria, Danimarca, Svezia e Olanda, che finora si oppongono ai trasferimenti a fondo perduto, chiedono solo prestiti oltretutto vincolati ad austerità e a un piano di riforme più vicino a quello richiesto alla Grecia negli anni scorsi. I Paesi dell’Est, meno colpiti dalla crisi, chiedono di poter comunque accedere ai fondi. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha fatto sapere di voler concludere a giugno, anche se qualcuno ipotizza un rimbalzo a un secondo vertice a luglio.
Le tappe di un nuovo cammino
Ad aprire un varco è, il 19 maggio, la proposta franco-tedesca: 500 miliardi presi in prestito dalla Commissione sui mercati, a condizioni sicuramente più favorevoli di quelle cui ciascun singolo Stato avrebbe potuto ambire da solo in un momento in cui l’epidemia ha messo in ginocchio le economie di tutto il continente. La Commissione Ue il 27 maggio va oltre: il piano contiene 500 miliardi a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti da restituire. In totale, il piano dovrebbe raggiungere i mille miliardi, aggiugendo un sistema di investimenti che moltiplicherà le risorse. A questi soldi si aggiungeranno i 1.000 miliardi del normale bilancio Ue 2021-2027. I soldi saranno distribuiti alle capitali con diversi strumenti. Il più ricco sarà la Recovery and Resilience Facility. Fin qui si è parlato di condizionalità per incassare i soldi. Ma non si tratta di vincoli alla greca, semmai di capacità e bontà della spesa. Per accedervi, infatti, i governi dovranno farsi approvare da Bruxelles un programma nel quale indicheranno come spendere i fondi guardando alle priorità Ue (Green deal e digitale), ai settori più colpiti dalla crisi (turismo e trasporti) e alle riforme che ogni anno Bruxelles raccomanda ai vari governi. L'Italia sarà il maggior beneficiario dei fondi, incassando quasi un quarto dell’intero pacchetto, in quanto è stata definita dalla Ue “Paese maggiormente colpito” dal coronavirus e dalla recessione. Per quanto riguarda le riforme richieste, la Commissione chiede all'Italia di rinforzare il sistema sanitario, mitigare gli effetti sociali della crisi, migliorare l’istruzione e rendere più efficienti i settori della giustizia e della Pubblica amministrazione.
La vera novità
C'è un punto molto importante: i fondi non verranno ripartiti proporzionalmente in base alle contribuzioni dei Paesi membri, ma verranno usati per aiutare solo le regioni più colpite, in base ai loro bisogni. Ed è qui che la proposta segna un cambio di passo, un nuovo percorso comune, impensabile fino a poche settimane fa, come sottolinea Giampaolo Rossi, esperto di diritto amministrativo dell'Ue, con il quale abbiamo parlato di questa e di altri punti cruciali per l'Ue, come la questione fiscale o le politiche di sicurezza, ma anche della proposta di una struttura europea a cerchi concentrici e della generale impreparazione sui temi europei in tutti gli ambiti:
Secondo il professor Rossi, sta prendendo forma un'Ue che si fa carico dei bisogni dei cittadini. E questa, a suo dire, sarebbe una svolta epocale. Il punto è che si tratta di un momento delicato e bisogna essere certi che non si facciano passi indietro. Rossi sottolinea che il momento è critico: non avere il coraggio di compiere il passo di approvazione del Recovery Fund significherebbe votare l'Ue alla sconfitta. Se il percorso di integrazione delle politiche monetarie non fa passi in avanti nel senso di politiche economiche comuni, infatti, si rimane nella situazione attuale in cui, nonostante la moneta unica europea, le strutture comunitarie paradossalmente frenano e non aiutano gli Stati membri a mettere in campo decisioni economiche adatte ad ogni situazione. A proposito del ruolo politico che l'Europa deve ricoprire nel mondo, Rossi sottolinea che è fondamentale la riflessione di Papa Francesco, espressa in mille occasioni anche con ripetuti messaggi recenti, in linea con i Papi precedenti. E' importante ascoltare i messaggi e gli appelli del Papa, afferma Rossi sottolineando che servirebbe maggiore preparazione sui temi europei anche all'interno dell'universo della Chiesa, nelle diocesi, nelle parrocchie.
L'idea di un'Europa "a cerchi concentrici"
Con altri esperti di diritto, da tempo Rossi porta avanti l'idea di un'Europa “a cerchi concentrici”, cioè con diverse forme di adesione su diversi punti. Non si tratterebbe, a suo dire, di un'Europa a più velocità perché lo si potrebbe fare proprio “accentrando” su Bruxelles il compito di prendersi cura dei bisogni dei cittadini, e lasciando invece agli Stati la facoltà di esercitare altre responsabilità. Questo permetterebbe al treno di non marciare alla velocità dell'ultimo vagone ma di procedere portando l'Europa alla velocità delle sfide che la attendono. E a questo proposito Rossi è chiarissimo: il Vecchio continente ha la responsabilità, grazie al suo bagaglio culturale, di porre alternative ad un mondo in cui si accentua l'espansionismo nazionalistico di alcuni Paesi, come si vede in Siria e in Libia, e si tende a riproporre un processo di polarizzazione tra Stati Uniti e Cina.
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