In Afghanistan tregua di tre giorni, prova generale per un negoziato
Francesca Sabatinelli e Giancarlo La Vella - Città del Vaticano
E’ una tregua in occasione della festa del sacrificio, proposta dai talebani e accettata dal governo di Kabul, che per molti potrebbe anche rivelarsi il preludio all’avvio di negoziati di pace tra le parti, a lungo rinviati. Le armi taceranno per tutta la festività islamica, come stabilito dai talebani, a meno che non si tratti di rispondere ad un eventuale attacco. Soddisfazione è stata espressa dagli Stati Uniti che nel febbraio scorso, dopo oltre 18 anni di guerra, avevano firmato un accordo con i Talebani, e che da tempo sollecitano la partenza di negoziati interafghani. Si tratta del secondo annuncio di sospensione di combattimenti da parte dei ribelli in poco più di due mesi, e che è arrivato nello stesso giorno in cui il presidente afghano Ashraf Ghani, aveva espresso l’auspicio di aprire colloqui di pace diretti. Nonostante l’accordo con gli Stati Uniti, gli scontri non sono mai cessati in questi mesi con i ribelli che attaccano soldati e poliziotti ogni giorno. Secondo un conteggio delle autorità, in cinque mesi sono stati uccisi 3.500 soldati e 775 civili.
Tra governo e talebani un dialogo difficile
Questa tregua, dalle motivazioni religiose, è una delle tante cessazioni delle operazioni militari alle quali abbiamo assistito negli ultimi anni, nessuna delle quali però portatrice di un dialogo di pace. E di un negoziato di pace l'Afghanistan avrebbe bisogno come il pane, ma si tratta di uno Stato, sostiene Marco Lombardi, direttore del Dipartimento di Sociologia all'Università Cattolica di Milano, fortemente parcellizzato dal punto di vista etnico, tribale e religioso e sinora tutti i tentativi di ricondurre ad unità tutte le anime afghane non sono andati a buon fine, se non quando si sono dovute coalizzare contro un nemico comune.
A complicare la situazione attuale, sicuramente c'è la pandemia in corso, ma anche il ruolo avuto dagli Stati Uniti, che hanno stipulato un accordo di pace con i soli Talebani. Sicuramente, afferma Marco Lombardi, un'iniziativa avventata quella di Washington, che, pur con l'intenzione positiva di smuovere le acque in una pericolosa fase di stallo, ha di fatto messo fuori dall'intesa il governo di Kabul. E' essenziale che qualsiasi mediazione, invece, coinvolga tutti gli attori in campo. E' necessario oggi che si faccia avanti un mediatore, che raccolga la fiducia delle parti, una figura che in questo momento nel panorama internazionale purtroppo non esiste. Rimane tuttavia in piedi la speranza che questa tregua possa aprire questa volta la strada ad un dialogo.
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