Covid: la Fondazione Rava in America Latina, la regione più colpita dal virus
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
In Paesi fragili dal punto di vista sanitario, il Covid-19 rappresenta una minaccia difficile da contrastare. Se, stando agli ultimi dati, negli Stati Uniti i contagi sono in diminuzione, l’America Latina e i Caraibi conquistano il primato per persone infette: oltre 4milioni. Nel mondo i casi totali registrati sono saliti intanto a oltre 16,2 milioni, di cui quasi 650 mila decessi. Nell’aerea latino-americana è il Brasile con il tributo più alto ma preoccupa la crescita in Messico, Perù, Colombia e Argentina.
In Nicaragua, difficile comprare il cibo
In alcune nazioni l’acqua scarseggia e il lavarsi le mani – un gesto che contribuisce a bloccare la diffusione del coronavirus – non è scontato. Difficile poi reperire le misure di protezione, come denunciano i direttori delle case della Fondazione Rava in America Latina. In Italia, nel corso della pandemia, ha sostenuto 23 ospedali di 17 città con invio di volontari sanitari specializzati a supporto dello staff medico delle strutture sanitarie; reperendo e consegnando importanti attrezzature per la Terapia Intensiva. In Nicaragua, dove si sono registrate quasi 2500 vittime, chi lotta in prima linea denuncia l’aumento dei prezzi e la difficoltà nelle case della Fondazione di reperire cibo:
Honduras, poche le protezioni sanitarie
Le stesse difficoltà si ritrovano in Honduras, dove il coronavirus ha ucciso oltre 1100 persone e fatto registrare oltre 37mila contagi. Qui si denuncia la scarsità di mascherine e disinfettati per proteggersi dalla pandemia.
Messico, numeri in crescita
Sono 700 i bambini e gli adulti che la Fondazione Rava ha in carico in Messico dove i casi di coronavirus sono saliti a più di 390mila con oltre 43mila vittime. Una situazione difficile da contrastare in un contesto di generale crisi economica e con la carenza – una drammatica costante in tutti i Paesi – di materiale sanitario di protezione.
Repubblica Dominicana e il cibo che manca
Il cibo è la prima richiesta che viene dalla Repubblica Dominicana dove nelle ultime 24 ore si è registrato il record di casi di coronavirus: 2.012, per un totale che supera quota 33 mila, 8 i morti, per un totale di 1.063 decessi.
Rava: creiamo un ponte d’amore verso chi soffre
Sostenere i sogni dei bambini: è l’appello che viene dall’America Latina e che sta cercando di raccogliere la Fondazione Francesca Rava, nata nel 2000 e rappresentante in Italia di N.P.H. – Nuestros Pequeños Hermanos (I nostri piccoli fratelli e sorelle), organizzazione umanitaria internazionale che dal 1954 salva i bambini orfani e abbandonati nelle sue Case ed ospedali in 9 paesi dell’America Latina. In tempo di pandemia, il lavoro si è concentrato sull’Italia, uno dei Paesi più colpiti, ma ora il grido dei poveri e dei più vulnerabili non concede altro tempo. Maria Vittoria Rava, presidente della Fondazione:
R. - Ci stavamo risollevando leggermente dal massiccio aiuto alle terapie intensive italiane quando dai nostri Paesi dell’America Latina dove ci sono le case NPH che ospitano centinaia di bimbi senza famiglia è arrivato un appello, è stato lanciato un allarme. Soltanto in Perù ci sono 18mila contagi e il problema grandissimo è che questo virus colpisce con velocità e la malattia si propaga tanto da perdere la vita perché non c'è immediata cura. E in questi paesi purtroppo gli ospedali sono in difficoltà, le risorse sono molto più scarse, i presidi di protezione introvabili. E’ veramente molto, molto difficile. E’ difficilissimo approvvigionarsi di acqua, difficile lavarsi le mani, proteggersi dal virus. Parlo di Haiti, del Messico, del Perù, del Nicaragua. Noi abbiamo adottato misure di protezione nelle nostre case, proteggendo i bimbi che vi abitano ma il lavoro di NPH e della Fondazione Francesca Rava è di aiutare tutte le comunità circostanti, le famiglie nelle baraccopoli, le famiglie nelle provincie povere. Le scuole sono state chiuse e lì i bambini trovavano presidi medici, cibo e questo è un ulteriore motivo di sofferenza per le famiglie.
L’ America Latina conta oltre 4milioni di casi, superando il Nord America, il Brasile è il Paese che preoccupa maggiormente ma ci sono paesi poverissimi come Haiti che sono in grave difficoltà.
R. – Operiamo in Haiti che di per sé è un Paese in estrema difficoltà, abbiamo due ospedali il Saint Damien e Saint Luc che sono stati identificati dal governo di Haiti come centri Covid. Ciò significa che riceviamo tantissimi pazienti alle nostre porte. L'ospedale San Luc si è occupato di oltre 700 casi, di cui 400 da ospedalizzare, abbiamo aiutato ad allestire un reparto da 110 posti letto. La popolazione di Haiti ha tante patologie, perché il paese è molto povero e qui le condizioni di salute delle persone sono molto complesse, molto gravi.
Grazie ad un sistema di bombole di ossigeno e all’aiuto di molti medici haitiani che già si occupano di terapia intensiva, siamo riusciti a salvare tante vite ma è soltanto l’apice di un iceberg perché ci sono molti che purtroppo non riescono ad arrivare in tempo in ospedale e quindi questo è sicuramente un motivo di grande preoccupazione. Anche nell’ospedale Saint Damien ci sono reparti che si occupano di patologie molto delicate come il tumore dei bambini, reparti dove i bambini sono già sottoposti a terapie intensive. I nostri medici stanno combattendo per ottenere i presidi di protezione e dare il massimo della sicurezza ai piccoli ricoverati al Saint Damien.
Avete raccolto le testimonianze di chi vive nelle strutture in Nicaragua, Messico, Honduras, Repubblica Domenicana. Quale l’appello che l’ha più colpita? Tutti denunciano una difficoltà anche nel reperire materiale di protezione…
R. – Noi abbiamo sperimentato in Italia la difficoltà di avere mascherine e ventilatori, disinfettanti e quindi quando ci hanno detto che erano disarmati, ho sentito il mio cuore trafitto perché sappiamo bene cosa significa. Hanno lanciato un appello di aiuto nel sostenere anche le spese basiche come l’approvvigionamento di cibo perché l’inflazione in questo momento è alle stelle, c’è scarsità di risorse perché moltissimi negozi sono chiusi. Quindi tutto questo ha messo in ginocchio le nostre case ma questi direttori, che sono dei papà per questi bambini, non si sono dati per vinti, ci hanno chiesto aiuto. Grazie a moltissimi padrini, la Fondazione Rava sta provvedendo perché c’è un ponte d’amore meraviglioso tra l’Italia e questi Paesi dell’America Latina. I primi messaggi di aiuto giunti a noi in Italia sono venuti dai bambini adottati a distanza e devo dire che, qui nonostante il momento difficile, la generosità degli italiani non è mai mancata. Ora mi appello a questo: fate un’adozione a distanza in più, creiamo questo ponte di amore per i bambini che hanno tantissimi problemi. Adesso stanno combattendo una battaglia veramente molto difficile.
In molte testimonianze l’appello è quello di sostenere i sogni dei bambini.
R. - Le adozioni a distanza sono uno strumento importantissimo per garantire un aiuto continuativo, alla fine si misura in un caffè al giorno. Non è un impegno economico grande ma permette alle case NPH di garantire a questi bambini non solo cibo e cure mediche e una casa ma anche un’educazione. E quei famosi sogni ai quali si riferiscono i direttori delle case NPH sono il sogno di spezzare la povertà, di diventare qualcuno nella vita, di imparare un mestiere, di valorizzare i loro talenti. Questi sono i sogni di questi bambini e quindi l’adozione a distanza è una risposta. Andando sul sito della nostra fondazione è facile, lo si può condividere in famiglia, è un gesto di amore che ci fa sentire vicino anche da lontani e il Covid questo ci ha insegnato.
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