Coronavirus: cresce l'allarme per l'Africa
Giancarlo La Vella - Città del Vaticano
Dopo Cina, Europa, Stati Uniti e America Latina, potrebbe essere l'Africa il nuovo banco di prova nella lotta al Coronavirus. Nelle ultime settimane l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha puntato i riflettori su quello che la pandemia potrebbe causarere nel continente. Gli ultimi dati parlano di quasi 900 mila casi ufficiali di coronavirus . Lo rende noto il Centro dell'Unione Africana per il controllo e la prevenzione delle malattie. In 24 ore si sono avuti circa 19 mila contagi in più, mentre sono 541 mila i pazienti sinora guariti dal virus. Quasi 20 mila i decessi. I Paesi più colpiti sono l'Egitto e il Sudafrica, che da soli, fanno registrare la metà dei casi totali. A seguire: Nigeria, Algeria e Marocco. Di fronte all'avanzata della pandemia, 34 Paesi hanno chiusio le loro frontiere e hanno applicato il lockdown, bloccando attività commerciali e spostamenti. Si tratta di numeri che non si possono paragonare per ora a quelli decisamente più gravi che si registrano negli Stati Uniti e in America Latina, ma che devono rappresentare un campanello d'allarme per tutta la comunità internazionale. Tutto il mondo ha contatti con la popolosa Africa e il continente potrebbe rappresentare un rischio globale, proprio mentre sono diversi i Paesi che si stanno lasciando alle spalle la fase acuta.
Ong mobilitate per l'Africa
Di fronte alla fragilità delle strutture sanitarie africane, sono molte le organizzazzioni umanitarie che stanno moltiplicando gli sforzi soprattutto nei Paesi che, oltre al Covid-19, scontano le difficoltà di altre situazioni endemiche, di un'economia traballante e informale, di una povertà sempre più diffusa e di problemi politici mai risolti. Tra queste c'è il Vis, Volontariato Internazionale per lo sviluppo, che opera soprattutto nell'Africa occidentale, che opera, tra gli altri, in modo capillare nei Paesi dell'Africa occidentale.. Davide Asta, responsabile amministrativo del Vis per quella zona del continente, riferisce che la sua organizzazione opera soprattutto a livello di sensibilizzazione della popolazione, facendo capire i rischi di misure di contenimento non applicate in maniera rigida e sistematica. Infatti, afferma Asta, si è avuto un sensibile rialzo dei contagi da quando diversi Paesi hanno dovuto riaprire le alltivtà commerciali per evitare il tracollo economico.
Preoccupazione per le giovani generazioni
Quelllo che bisogna evitare, sottolinea Davide Asta, è che la pandemia abbia una ricaduta negativa sulle fasce più fragili della popolazione, in particolare i giovani e i giovanissimi. Il lockdown e il distanziamento sociale, decisi da un giorno all'altro come prime misure anti-Covid, hanno bloccato anche l'accesso alle strutture sanitarie, dove si eseguono le vaccinazioni per altre gravi malattie che colpiscono il continente africano. Le giovani generazioni, dunque, senza un piano di vaccinazioni regolare, rischiano, oltre al contagio da coronavirus, anche di essere colpite da altre forme patologiche. C'è infine l'emergenza istruzione, già grave in tempi normali. Ora con il coronavirus non è stato possibile nella stragrande maggioranza dei casi sostituire alle lezioni regolari la didattica a distanza. In Africa non è ancora molto sviluppata la rete internet. Il possesso e l'utilizzo di cellulari, tablet e pc non è diffuso come in Europa. Lo sforzo del Vis, dunque, è quello di creare del programmi di accesso all'istruzione, che consentano alla totalità dei bambini di usufruire dellinsegnamento scolastico.
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