Il premio Nobel Yunus: dopo il Covid progettare un mondo diverso
Andrea Monda
Lei ha sottolineato, in sintonia con il Papa, che dopo la crisi del covid-19 sarà necessario trovare un nuovo modello. Non possiamo tornare indietro; niente sarà più come prima. Secondo lei, in che modo si può far comprendere questo messaggio a coloro che detengono il potere?
R. - Mi fa molto piacere constatare che Papa Francesco la pensi esattamente come me. Tornare indietro al vecchio mondo sarebbe un atto folle, perché il mondo dal quale veniamo è un mondo molto inospitale, un mondo terrificante, un mondo che si stava uccidendo con il riscaldamento globale, la concentrazione delle ricchezze, l’intelligenza artificiale che toglieva il lavoro agli esseri umani. A quel punto tutto convergeva e rimanevano solo pochi anni prima che l’intero mondo crollasse. Dal punto di vista del riscaldamento globale resta pochissimo tempo prima che il mondo diventi invivibile. Lo stesso vale per la concentrazione delle ricchezze, che è una bomba a orologeria innescata che può esplodere politicamente, socialmente, con rabbia, e anche per l’intelligenza artificiale, a causa della quale non ci saranno più lavoro o impiego per le persone. Non è il genere di mondo al quale vorremmo ritornare. È questo il punto. E il coronavirus ci ha fatto un grande favore pur avendo creato una situazione terribile per il pianeta, perché ha fermato la macchina nella sua corsa verso la morte. Quindi oggi, almeno, non stiamo correndo da nessuna parte. Il treno si è fermato. Possiamo semplicemente guardarci intorno, possiamo scendere dal treno che ci portava verso una fine certa e decidere dove vogliamo andare per trovare certezza e sicurezza. Di certo non vogliamo tornare indietro: è questo il punto. Non tornare indietro significa che abbiamo la possibilità di andare altrove.
È ciò che dice lei. Ma se le persone nelle alte sfere e coloro che prendono le decisioni non lo accettano?
R. - Ebbene, se la gente vuole andare altrove, a chi prende le decisioni non rimane molta scelta. Alla fine è la gente a decidere dove andare. È questa la democrazia. Se l’opinione pubblica diventa forte, non penso che la cosa si possa ignorare. Cerco di incoraggiare i giovani a esaminare la situazione per poi prendere una decisione. Sono gli adolescenti a marciare nelle strade dietro gli striscioni di “Fridays for Future”. Dicono al mondo che siamo sulla strada sbagliata. Accusano i loro genitori di essere irresponsabili e di spingerli verso un mondo in cui non hanno futuro. Dico loro: questa è la vostra occasione. Potete costruire il mondo che desiderate. Quindi unitevi e fatelo. Si tratta di convincere la gente in generale e i giovani in particolare. È una questione di comunicazione. Se Papa Francesco assume la guida, il messaggio diventa subito potente. La gente rispetta il suo pensiero a livello globale, a prescindere dall’affiliazione religiosa. Ricordiamo l’impatto che le sue opinioni hanno avuto sui negoziati di Parigi per raggiungere un consenso sulla crisi ambientale globale. Il suo appello al mondo ha aiutato a giungere all’Accordo di Parigi. Papa Francesco può svolgere un ruolo molto importante in questo momento. Gli chiedo di svolgere questo ruolo con fermezza.
In una recente lezione in streaming alla Pontificia Università Lateranense lei ha sottolineato che la ripresa dopo il covid-19 è costellata di opportunità, ma solo se passa per una nuova consapevolezza sociale e ambientale, un uso dell’economia non come mera scienza utile a massimizzare i profitti, ma piuttosto come strumento per realizzare la felicità degli individui e della comunità. Come possiamo realizzare questo obiettivo?
R. - Spiegando alla gente che cos’è questo obiettivo. Che cosa c’era di sbagliato, perché non dobbiamo tornare indietro. La gente conosce i pericoli insiti nel vecchio mondo ma non è consapevole delle opportunità create che la crisi del coronavirus ha creato per sfuggire a quei pericoli. Non penso che l’economia praticata oggi nel mondo meriti di essere definita scienza sociale. Non ha nulla di sociale. La sua unica preoccupazione è la massimizzazione del profitto personale. Non si preoccupa dell’interesse comune della gente. Si occupa solo di come accrescere la ricchezza delle nazioni senza domandarsi quante, o quante poche, persone ricevono tale ricchezza. Non si preoccupa neppure della sicurezza del pianeta. Al massimo possiamo definire l’economia una scienza degli affari, non una scienza sociale. La scienza sociale deve affrontare i problemi della società, che cosa è bene per la gente, che cosa è bene per il pianeta, e deve proporre idee che rendano la vita delle persone migliore e il pianeta più sicuro. Per ottenere un mondo nuovo dobbiamo ridisegnare l’economia, dandole un orientamento sociale. Dovrà essere un’economia guidata dalla consapevolezza sociale, un’economia guidata dalla consapevolezza ambientale. L’economia attuale non ha mai riconosciuto l’interesse collettivo. Si basa solo sul proprio interesse. Se nell’economia includiamo l’interesse collettivo questa diventa subito diversa. Abbiamo bisogno di due tipi differenti di economia, uno per la massimizzazione dei profitti e l’altro per risolvere i problemi comuni della gente, con profitto personale zero. La stessa persona può svolgerle entrambe. Non abbiamo bisogno di due persone diverse per farlo. In un tipo di economia una persona si prende cura di se stessa e nell’altro si prende cura di tutti gli altri e del pianeta. Questo nuovo tipo di economia io lo definisco economia sociale. È questa l’economia che s’impegna a risolvere i problemi della gente e del pianeta senza alcun intento di guadagno personale. Questa nuova economia sarà la base per la costruzione del mondo nuovo.
Lei ha lanciato un’iniziativa a favore di un vaccino gratuito e accessibile a tutti. Come pensa sia possibile sottrarre la ricerca medica, specialmente in situazioni come questa, alla logica del profitto?
R. - Dovremmo andare più a fondo nella questione. Vede, non è corretto affermare che le aziende stanno spendendo soldi per sviluppare il vaccino. Nella maggior parte dei casi sono le università a contribuire con la loro conoscenza e creatività e i governi a pagare grosse somme per la ricerca, specialmente per quella sui vaccini. Perché le università dovrebbero rinunciare al loro diritto? Perché il governo dovrebbe rinunciare al suo diritto? Non sto negando alle aziende un giusto ritorno sui loro investimenti. Possiamo discutere su quanto è stato ingente l’investimento e quale dovrebbe essere il giusto profitto. Le aziende possono essere pagate per rendere il vaccino un bene comune globale. Ma la proprietà deve essere del popolo, non di un’azienda. Deve essere un bene open source, di modo che possa essere prodotto ovunque, da chiunque, rispettando tutti i requisiti normativi. Se vogliamo renderlo accessibile alla gente in tutto il mondo nello stesso momento, deve essere prodotto in tutto il mondo. Non solo in uno o due posti, come constatiamo che si sta facendo ora. Un’azienda ha già dichiarato che i primi vaccini prodotti verranno consegnati agli Stati Uniti, un’altra che i primi andranno in Europa. E il resto del mondo? Se non si dà il vaccino al resto del mondo, si porrà un altro problema. Si creerà subito una nuova mega-attività di produzione e vendita di vaccini falsi. Occorrerà tempo perché il vaccino autentico arrivi a miliardi di persone, quindi la difficoltà ad accedervi porterà a tale situazione. La gente nei paesi poveri cadrà vittima di questo commercio, non potendo competere con i maggiori offerenti nel mercato del vaccino autentico. Prima che venga a crearsi una situazione del genere, il mondo deve dichiarare il vaccino un bene comune globale. Ieri ho lanciato ai leader mondiali un appello, sottoscritto anche da molte figure importanti di tutto il mondo. Ripeto questo appello attraverso lei, al fine di fare pressione sui governi affinché s’impegnino a fare questa dichiarazione al più presto: rendete il vaccino per il covid-19 un bene comune globale. Chiedo a Papa Francesco di sostenere l’iniziativa con la sua voce potente.
Come ha detto il Papa, la pandemia, oltre a essere una tragedia planetaria, rappresenta un’opportunità per sviluppare un futuro diverso. Come immagina questo futuro o come vede il nuovo equilibrio mondiale?
R. - Sono pienamente d’accordo con quanto detto dal Papa. Ha fatto un’affermazione chiara: non dobbiamo tornare indietro. Papa Francesco deve continuare a ripeterlo in modo molto audace di modo che tutti lo sentano e la gente possa scuotersi e ascoltarlo. Adesso lui è la voce morale del mondo intero. È quindi molto importante che continui a insistere sulla questione. Sì, è possibile cambiare questo mondo. Gli uomini riescono a fare tutto ciò che vogliono. È la forza della loro volontà che lo renderà possibile. Quando decidiamo di non tornare indietro, dobbiamo sviluppare politiche, istituzioni e strutture per assicurarci di andare nella giusta direzione e di arrivarvi rapidamente. Dobbiamo chiedere ai governi di canalizzare i loro fondi di salvataggio a sostegno delle iniziative volte a non tornare indietro piuttosto che destinarli ad accelerare il processo contrario. Le risorse non sono un problema: alcune sono già state mobilitate per fini sbagliati. L’impegno è di destinarle alla causa giusta. Abbiamo bisogno di un mondo nuovo costruito per noi. Che tipo di mondo deve essere? È ovvio che deve essere un mondo molto diverso da quello dal quale proveniamo. Nel nuovo mondo non ci sarà riscaldamento globale. Papa Francesco si è già espresso su questo. Adesso dobbiamo tradurlo in realtà. Non si tratta semplicemente di una dichiarazione fatta dal Papa: dobbiamo tutti unirci e tradurla in realtà. Il nuovo mondo sarà un mondo con zero emissioni nette di carbonio. Sarà un mondo con zero concentrazione di ricchezza. Sarà un mondo in cui condivideremo la ricchezza invece di monopolizzarla come avviene oggi. Sarà un mondo con disoccupazione zero. Il mondo nuovo sarà quasi l’esatto contrario di quello attuale. Una volta che sapremo dove andare, arrivarci sarà molto più semplice. Per passare al mondo nuovo, dobbiamo verificare quali attività contribuiscono al riscaldamento globale, alla concentrazione delle ricchezze o alla disoccupazione. Dobbiamo creare posti di controllo per impedire alle attività sbagliate di entrare in questo mondo nuovo. Non possiamo portare l’economia dei combustibili fossili nel mondo nuovo. Dobbiamo dire: tornate con le energie rinnovabili se volete stare nel settore energetico. Se è un’azienda che produce inquinamento, diciamole di ritornare con attività che creino un’economia circolare.
Lei ritiene che ciò possa avvenire?
R. - Se ci decidiamo, può avvenire. Si tratta di deciderci. Stiamo affrontando la sfida esistenziale più grande. Quando la crisi è al suo stadio più profondo, dobbiamo proporre le soluzioni più audaci.
Lei ritiene che la spiritualità sia importante per questo cambiamento, la forza per realizzare questo cambiamento?
R. - Certo, è molto importante. Il coronavirus ha cambiato tutto, creando una situazione in cui non possiamo incontrarci fisicamente. Siamo costretti a rimanere chiusi dentro le nostre case e il distanziamento sociale è diventato parte della nostra vita. Essendo privati dalla prossimità fisica, questa diventa una buona occasione per realizzare un’unità spirituale.
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