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Al via il progetto ResQ - People Saving People: salvare chi è in pericolo è un dovere

Mai, nella storia, si sono contate così tante vittime nella rotta migratoria tra Africa e Europa. Troppo spesso gli SOS di chi naufraga si perdono tra le onde. Proprio per sostenere e realizzare attività di soccorso e salvataggio è stata presentata oggi a Milano l’Associazione ResQ - People Saving People con i suoi progetti. I promotori intendono dire basta al sacrificio di vite umane e ai rimpatri in Libia

Marina Tomarro - Città del Vaticano

“Plaudo a questa iniziativa moralmente giusta ed indispensabile, e mi auguro che questo sia un messaggio che vada al di là delle frontiere italiane, perché il tema del salvataggio in mare è un tema europeo”. Così Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i rifugiati, ha avviato la presentazione on line del progetto dell’ associazione onlus ResQ-People Saving People, che si è svolta in mattinata a Milano. “Dobbiamo ricordare – ha spiegato Grandi – che su 80 milioni di persone che emigrano, il 90% rimane in Africa o in Paesi medio orientali, e solo una piccola parte arriva in Europa o si reca negli Stati Uniti o in Australia. L'Uganda pochi giorni fa ha aperto le frontiere a migliaia di rifugiati dal Congo. Si parla di un Paese con pochissime risorse, e con già un milione e mezzo di rifugiati, quindi non abbiamo scuse noi se chiudiamo, quando paesi con molte meno risorse fanno questo sforzo, mi sembra immorale discutere se sia giusto salvare o non salvare. Da ogni punto di vista è un obbligo”.

Salvare è sempre un dovere

Il progetto nasce da un’idea di un piccolo gruppo di professionisti di varia natura che, stanchi di vedere morire migliaia di persone nel tentativo disperato di attraversare il Mediterraneo, hanno deciso di rompere il muro dell’indifferenza. “Mi sono posto una semplice domanda: sarei contento se qualcuno mi venisse a salvare se stessi annegando in mare? Sì, sarei contento - ha detto il magistrato Gherardo Colombo presidente onorario di ResQ – Per questo non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte ad una tragedia quotidiana. Nella nostra Costituzione c’è scritto che abbiamo l’obbligo di prenderci cura della salute delle persone senza nessuna distinzione, quindi salvare chi è in pericolo è un nostro dovere”.

Una nave al largo del Mediterraneo

Il primo progetto dell’associazione, è quello di assicurare la presenza nel Mediterraneo centrale con una nuova nave tutta italiana per soccorrere i naufraghi, e testimoniare quanto accade a poche miglia dalle nostre coste. Questa imbarcazione, che dovrebbe essere attiva nel giro di pochi mesi, prevede un equipaggio di circa 10 persone per il funzionamento, e 9 tra medici e infermieri, soccorritori, mediatori giornalisti e fotografi. Due gommoni veloci invece, assicureranno gli avvicinamenti alle imbarcazioni in difficoltà e il salvataggio dei passeggeri.sti e volontari che presteranno soccorso e raccoglieranno le testimonianze di quanto accade a poche miglia dalle nostre coste. "Questo sarà possibile grazie a una nave di circa 40 metri con dieci persone di equipaggio per il funzionamento, e 9 tra medici e infermieri, soccorritori, mediatori giornalisti e fotografi. Due gommoni veloci invece, assicureranno gli avvicinamenti alle imbarcazioni in difficoltà e il salvataggio dei passeggeri".

“Questa iniziativa - ha spiegato il giornalista Luciano Scalettari presidente dell’associazione - vuole evitare che accadano episodi gravi come quelli dei giorni scorsi dove tre migranti sudanesi sono stati uccisi dalle forze dell’ordine libiche mentre tentavano la fuga. Il nostro è un discorso umano verso queste persone costrette a scegliere questi viaggi invece disumani, dove le probabilità di non arrivare e morire in mare o lungo il tragitto sono altissime”. ResQ ad oggi conta 130 associati, ma nel progettp del presidente potrebbero diventare 1.000 prima della fine dell’estate. "L’imbarco dei mille - ha detto -  sarà lo slogan di questa campagna associativa".

Formare al rispetto dei diritti umani

L’associazione prevede inoltre un'ampia attività informativa da svolgersi sulla terra ferma, attraverso i media, le scuole e gli incontri pubblici, per creare una società più consapevole, rispettosa dei diritti umani e accogliente. Il progetto intero, ovvero l’acquisto e l’allestimento di una nave per attività di Search and Rescue, e il suo finanziamento per un anno, costano 2,1 milioni di euro. La cifra minima per avviare il progetto è di 1 milione di euro, ovvero il costo della nave, della preparazione, allestimento e il funzionamento per i primi 3 mesi di attività, e sarà raccolta attraverso donazioni su www.resq.it e campagne di crowdfunding. 

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29 luglio 2020, 14:00