La ministra Bonetti, dal Recovery Fund risorse anche per le famiglie
Alessandro Guarasci - Città del Vaticano
"L'Europa è l'unico contesto nel quale uno sviluppo importante per l'Italia sia davvero possibile, percorribile". La ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Elena Bonetti vede nel Recovery Fund, approvato a Bruxelles non solo uno strumento "per finanziare misure dell’oggi, ma anche per dare progettualità di carattere strutturale, di ripartenza del Paese, anche di un cambio di quei meccanismi, che nel nostro Paese si sono rivelati inadeguati a reggere quel momento di difficoltà. Sono certa che nell'applicazione del piano di rilancio, il capitolo famiglie e il protagonismo femminile, che sono due capitoli grandi del Family Act, saranno centrali anche per l’investimento del Recovery Fund".
Tutti gli indicatori danno un calo della natalità in Italia. Oggi alla Camera la votazione sull'assegno unico. Quale può essere la misura del Family Act che secondo lei può davvero fare la differenza?
R.- Il Family Act è una serie di misure, ma che se sono viste nella loro reciprocità e integrità potranno fare la differenza in questa direzione. E’ la prima riforma per le politiche familiari del nostro paese che investe in natalità, in protagonismo delle comunità e delle comunità familiari come piccola comunità di vita, investe nel protagonismo dei giovani, investe nell'educazione, investe nel lavoro femminile. Questo tema di investimento e di stabilità delle misure che si vanno a costituire, cambierà il paradigma più critico che oggi abbiamo nel nostro Paese, ovvero la mancanza di prospettiva di futuro. Io credo che l'elemento più significativo, causa di questo processo di impoverimento di scelte di futuro tra cui la genitorialità, dipenda dal fatto che le donne e gli uomini in Italia non hanno la possibilità di alzare lo sguardo e proiettarsi in avanti. Per fare questo, ad esempio, i sostegni economici come l’assegno unico familiare devono avere un carattere di semplificazione, di stabilità che aiuti scelte personali coraggiose.
Ma secondo lei l'assegno unico è un primo passo verso un vero quoziente familiare come avviene in altri Paesi?
R. - L’assegno unico è universale e questo va dichiarato, perché significa cambiare il punto di vista, significa riconoscere che tutti i bambini sono un bene per la collettività. Alla loro crescita, alla loro custodia tutta la comunità, lo Stato devono contribuire anche con un contributo di carattere economico. Non si è scelto il quoziente familiare, ma si è scelto questa misura più comprensibile, più chiara, perché ogni famiglia sa che ogni mese riceverà una certa quantità di denaro e che questa quantità di denaro lo accompagnerà per tutta la vita, dal terzo figlio con un coefficiente moltiplicativo aggiuntivo. E poi ovviamente c’è un sostegno in più per la disabilità. Ecco, l'assegno unico però non può bastare. Non basta la misura economica per cambiare la cifra complessiva. Una riforma fiscale che quindi per la prima volta nel nostro Paese riconosce le famiglie come soggetti contributivi, e non semplicemente come soggetti a cui dover dare dei sussidi, questo farà la differenza, assieme alla riforma dei congedi, all’aiuto al lavoro giovanile, all'incentivo al lavoro femminile, eccetera. L'assegno da solo non avrebbe innescato questo processo virtuoso di ripartenza.
Ma, ministra Bonetti, serve fare anche un lavoro culturale in Italia per rafforzare la famiglia?
R. - Certamente sì. Per troppi anni ci siamo soffermati su scontri ideologici da una parte dall'altra, e non abbiano colto invece il volto, lo sguardo delle esperienze delle famiglie. La famiglia è quella che ci consegna la Costituzione, come il luogo in cui l'individuo diventa persona. Le famiglie per noi sono un’opportunità, la comunità, la relazione sulla quale il governo e le istituzioni voglio investire.
Alla fine i fondi per le paritarie sono stati trovati. Ma perché in Italia non si riesce ancora a capire il valore della parità scolastica che ricordiamo è attiva dal Duemila?
Il tema è il diritto all'educazione, le pari opportunità, per tutti il tema è costruire una comunità che in tutte le sue responsabilità si fa comunità educante. Le scuole paritarie, sono nel nostro Paese una risposta straordinaria per tanti bambini e bambine, per le famiglie, per i territori. Ci sono dei territori nei quali senza le scuole paritarie non arriveremmo nemmeno a poter dare una garanzia, di accesso all'educazione. C'è un tema, diciamo, non solo di libertà di scelta, ma anche di responsabilità di un mondo non solo cattolico, ma più in generale di tutte le paritarie, che si mette a disposizione nel contribuire a costruire percorsi educativi per i giovani. Questo è un servizio straordinario che va valorizzato. Oltre al fatto che questo è previsto dalla legge, la quale riconosce un servizio pubblico e riconosce la scuola pubblica fatta anche dalle scuole paritarie. Questa funzione di servizio pubblico va affermata anche con scelte concrete, come quelle che abbiamo voluto promuovere di reperimento di nuovi fondi nell'ambito nell’ultimo decreto
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