I 90 anni dei Mondiali di calcio
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
C’è chi, ripensando alla propria vita, lo fa aiutandosi con le edizioni dei Mondiali di calcio, perché in fondo quattro anni sono un lasso di tempo sufficiente per dei cambiamenti importanti. A mutare, novant’anni fa, fu sicuramente il mondo dello sport: la prima edizione, svoltasi in Uruguay, segnò l’inizio di un cammino trionfale, rendendo paragonabile tale competizione, per seguito e fama, alle Olimpiadi. Oggi i Mondiali compiono novant’anni. Un numero che si fa ordinale quando si pensa al rettangolo di gioco: il novantesimo minuto è, salvo recupero, l’ultimo a disposizione per cambiare l’esito di una partita. Novant’anni e non sentirli, verrebbe da dire, visto che il calcio continua ad attraversare le generazioni.
Il 13 luglio 1930
La genesi porta indietro di quasi dieci anni. Il progetto ideato già all’inizio degli Anni Venti da due dirigenti sportivi francesi - il presidente della FIFA, Jules Rimet, ed il futuro segretario generale dell’UEFA, Henry Delaunay, - vide la luce ad Amsterdam, nel 1928, quando nella città olandese la FIFA approvò l’idea di un torneo che coinvolgesse le nazionali provenienti da tutto il mondo. Rimet sostenne in particolare la candidatura dell’Uruguay, che proprio nel 1930 avrebbe celebrato il centenario della sua Costituzione. Nel 1929 l’assegnazione al Paese sudamericano venne ufficializzata. La gara inaugurale si disputerà a Montevideo, ma in realtà tutte le partite furono giocate in questa città: si trattò dell’unica volta nella storia. Altro particolare non da poco: a dare il via al torneo furono due sfide e non una sola. Alle 15:00 del 13 luglio scesero in campo sia Francia e Messico (risultato finale 4-1) che Stati Uniti e Belgio (3-0 l’esito) e fu il francese Lucien Laurent a segnare la prima rete nella storia della Coppa del Mondo di calcio.
Iscrizione volontaria
Il Mondiale del 1930 fu l’unico senza qualificazioni. Le nazionali infatti potevano iscriversi alla competizione volontariamente, ma soprattutto, a causa della crisi del ’29, furono poche le squadre in grado di recarsi in America per disputare il torneo. Così furono tredici le compagini ad iscriversi, di cui nove americane e quattro europee. Oltre al Paese ospitante, per l’America del Sud erano presenti Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, Cile e Perù. Sempre dal continente americano anche Stati Uniti e Messico. Quindi Francia, Belgio, Jugoslavia e Romania. La finale si disputò il 30 luglio allo Stadio del Centenario di Montevideo, con una neve tanto copiosa quanto rara per la capitale. In campo Uruguay ed Argentina, con i padroni di casa in grado di imporsi per 4-2 dopo aver chiuso il primo tempo sotto di un goal. Tra le curiosità, va ricordato che entrambe le squadre vinsero nettamente la semifinale, battendo con il punteggio di 6-1 rispettivamente Jugoslavia e Stati Uniti. Per la finalissima, entrambe le squadre scesero in campo con un modulo a dir poco offensivo: un 2-3-5 che con il passare degli anni sparì dal rettangolo di gioco.
Un calcio d’inizio che non conosce fine
"Ogni rivoluzione ha bisogno di un'utopia, e furono due francesi a sognare quella che oggi è una realtà". Lo afferma nell’intervista a Vatican News Riccardo Cucchi, noto giornalista sportivo e tra i telecronisti italiani più conosciuti dal grande pubblico. "I Mondiali di calcio sono nati - sottolinea - con un fermo principio di base: quello dei valori dello sport, di tutti gli sport, ovvero la fratellanza, il rispetto dell'avversario che in quanto tale non è mai un nemico". Oggi il calcio, però, è cambiato. Non solo negli schemi, ma a rischio è la sua essenza. "Se diventa un business ed uno spettacolo fine a se stesso, perdendo il suo lato passionale e popolare, non è più ciò che conosciamo", dice senza giri di parole il giornalista sportivo. Ma perché un bambino dovrebbe ancora appassionarsi davanti al rettangolo di gioco? "Perché il calcio è innanzitutto puro divertimento - risponde Cucchi -, inoltre quei novanta minuti di gioco sono un po' lo specchio della nostra vita, in quell'ora e mezza succede di tutto, si esulta, si cade, ci si rialza".
La storia del Mondiale
Furono quattro i Mondiali disputati nei primi vent’anni: dopo l’edizione dell’Uruguay, si giocò in Italia nel 1934 e quattro anni dopo in Francia. Poi l’interruzione a causa del conflitto mondiale e la ripresa in Brasile nel 1950. Da allora la Coppa del Mondo si è sempre disputata, ogni quattro anni per un totale di 21 edizioni. La nazionale ad aver vinto più titoli è il Brasile, ben cinque, seguita ad una sola lunghezza da Italia e Germania. Queste tre squadre, dunque, hanno ottenuto da sole il 60% dei successi. Un valore, questo, che si conferma anche nel XXI secolo: le cinque edizioni disputate dal 2002 al 2018 hanno visto vincere una volta a testa Brasile, Italia e Germania, più i successi di Spagna e Francia. Sono due i Mondiali vinti dai transalpini, così come Uruguay ed Argentina. Un titolo a testa, infine, per Spagna ed Inghilterra.
L’attuale formula della Coppa del Mondo
Adottata nel 1998, la formula della fase finale del Mondiale di Calcio, prevede la partecipazione di 32 squadre che si affrontano in un torneo della durata di circa un mese in uno o più Paesi (come nel 2002 con Corea del Sud e Giappone) ospitanti. Due le parti: una fase a gironi seguita da una griglia ad eliminazione diretta. Questa formula sarà utilizzata per l'ultima volta nel 2022 in Qatar, dato che dal 2026 il numero delle squadre partecipanti aumenterà del 50%, salendo a 48.
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