52 anni fa la Primavera di Praga
Giancarlo La Vella - Città del Vaticano
La Primavera di Praga è uno di quegli eventi che hanno lasciato il segno nella storia contemporanea. In un mondo diviso in blocchi, era il gennaio del 1968, le due gradi potenze, Unione Sovietica e Stati Uniti d'America si guardavano con i toni della 'guerra fredda', facendo a gara a chi avesse più testate nucleari. In questo clima Mosca non potè tollerare, appena 12 anni dopo la rivolta in Ungheria, le istanze sorte nell'allora Cecoslovacchia, dove il movimento, guidato da Alexander Dubcek, proponeva una svolta democratica, un socialismo dal volto più umano e una maggiore autonomia dall'Urss. Il Cremlino lesse quest'evento come un grosso rischio per la compattezza del Patto di Varsavia, composto da Unione Sovietica e dai Paesi satelliti dell'Europa orientale. Furono inviate truppe a Praga che vi fecero irruzione con i carri armati. La capitale fu invasa dalle truppe sovietiche il 21 agosto del 1968. Il giovane attivista ceco per la democrazia, Jan Palak, con un gesto drammatico, si dette fuoco in segno di protesta contro l'intervento di Mosca, divenendo da allora emblema della lotta per la democrazia.Nel giro di alcuni giorni, arrestati Dubcek e gli altri leader della Primavera, venne instaurato un nuovo governo fiosovietico.
A quelle vicende guardava con attenzione il mondo intero e, in particolare, l'Europa. Secondo Luigi Geninazzi, esperto dell'area orientale europea, fu una grande delusione per l'occidente liberale che credeva nella democrazia, ma soprattutto per la gente di sinistra, che auspicava una via riformista in Urss e in est Europa per la creazione di un socialismo dal volto più umano.
Un rallentamento della storia
Geninazzi si spinge anche oltre nella sua analisi della Primavera di Praga. La miopia delle autorità sovietiche non permise di realizzare nel 1968 quanto avvenne più traumaticamente 40 anni fa con Solidarnosc in Polonia e con la perestroika di Gorbaciov, che anticipò di poco la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Ma, guardate con il senno del poi, afferma Geninazzi, le istanze portate avanti da Dubcek in Cecoslovacchia appaiono oggi abbastanze utopiche. Egli voleva rimanere socialista e far dialogare un regime rigido dal punto di vista politico, militare ed economico con le idee del libero mercato sarebbe stato impossibile. Di quella stagione rimane però l'entusiasmo deluso dei giovani di allora, ricorda Geninazzi, la riprovazione per l'intervento sovietico a Praga e in territorio ceco, e le immagini tragiche del giovane Jan Palak in fiamme in piazza Venceslao, a Praga. Tutti tasselli di un'occasione mancata di cui, osserva, vediamo le conseguenze anche oggi.
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