Bielorussia: un morto negli scontri. La Chiesa si appella al dialogo
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
È stata un nuova notte di scontri tra forze dell’ordine in tenuta antisommossa, armate di lacrimogeni e pallottole di gomme, e i manifestanti, a Minsk e in tutta la Bielorussia dove oggi è stato proclamato lo sciopero generale. Nel bilancio finora migliaia di arresti, decine di feriti e una vittima, riconosciuta anche dalle autorità appena scoppiata la rivolta all'annuncio dell'esito delle presidenziali di domenica scorsa che danno un successo pieno, con oltre l'80% delle preferenze, a Alexander Lukashenko al potere dal 1994. Per l'opposizione si tratta quasi di una provocazione, qualcosa che "nulla ha a che fare con la realtà" e per ragioni di sicurezza allo scoppio delle proteste, la principale candidata del fronte riformista Svetlana Tikhanovskaya è stata trasferita all'estero.
La preoccupazione della Chiesa
Oggi è il giorno degli appelli alla calma e al dialogo: primo fra tutti quello della Chiesa locale. "Siamo preoccupati e lo siamo da prima delle elezioni. Non sappiamo cosa potrà succedere. Stiamo pregando perché si calmino rabbia e proteste. E insieme le parti trovino una soluzione pacifica". Sono parole accorate quelle dell’arcivescovo di Minsk e presidente dei presuli bielorussi, monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, raggiunto telefonicamente dall'Agenzia d'informazione cattolica Sir.
"Dieci giorni fa – ricorda ancora l’arcivescovo Kondrusiewicz – avevo rivolto al popolo bielorusso un appello prima delle elezioni chiedendo e auspicando un voto giusto e trasparente. Avevo chiesto anche agli elettori cattolici di studiare bene i programmi dei candidati. A questa tornata elettorale, si sono presentati candidati assolutamente nuovi e poco conosciuti. Per questo ho chiesto di fare attenzione ai programmi, soprattutto ai punti relativi alla famiglia e alla indissolubilità del matrimonio, al valore e alla difesa della vita e ai problemi sociali e di giustizia”.
Quindi il suo appello alle Chiese europee a pregare “perché il Paese ritrovi la via della pace e del dialogo”.
Appelli alla calma dalla comunità internazionale
Reazioni anche dallo scenario internazionale. "La repressione deve finire" scrive su twitter l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Borrel; "la violenza contro chi protesta non è la risposta. La libertà di espressione, di assemblea, i diritti umani di base devono essere sostenuti", ribadisce, sempre attraverso i social, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Uno sforzo di mediazione lo propone la Polonia, offrendosi per ogni tentativo in tal senso tra l'opposizione bielorussa e il presidente Lukashenko: "C'è ancora spazio per il dialogo", afferma il ministro degli Esteri Jacek Czaputowicz dopo aver incontrato i suoi omologhi estone, finlandese e lettone a Riga.
Ribadiscono le loro perplessità sulla validità del voto di domenica Francia, Germania e Stati Uniti, ma il neo eletto Lukashenko non indietreggia: "Non permetterò" dice "che il Paese venga fatto a pezzi".
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