Danzica, quaranta anni fa la nascita di Solidarność
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Fu la vittoria degli operai, questo fu lo sciopero del 14 agosto del 1980 in Polonia, quando uscirono i germogli del primo sindacato libero in un Paese del blocco comunista, fatto senza precedenti, fino a quel momento impensabile. Allo stesso tempo, si avviò un effetto domino che travolse tutta l’Europa dell’Est, partendo dal Baltico per finire, anni dopo, a Berlino. Lo sciopero dei cantieri navali “Lenin” di Danzica, ispirato dal licenziamento dell’operaia Anna Walentynowicz, diede vita a Solidarność (solidarietà) e ad una rivoluzione totalmente diversa da tutte quelle che l’avevano preceduta, pacifica, con esiti tutt’altro che scontati.
Giovanni Paolo II, il grande ispiratore
Fu una rivoluzione della classe operaia, guidata dall’elettricista Lech Walesa, nel 1983 Premio Nobel per la Pace e poi, dal 1990 al 1995, presidente polacco democraticamente eletto. La nascita di Solidarność veniva preceduta, un anno prima, era il 2 giugno del 1979, dalle parole scolpite nella storia pronunciate da Giovanni Paolo II, nel primo viaggio nella sua terra dalla elezione a Pontefice, avvenuta solo pochi mesi prima. “Scenda il tuo Spirito! Scenda il tuo Spirito! E rinnovi la faccia della terra. Di questa Terra!”, disse, aprendo la strada ad una trasformazione che prese forza proprio dalla figura del cardinale arcivescovo di Cracovia divenuto Papa. “Questa presenza – spiega lo storico Roberto Morozzo della Rocca – galvanizzò l’opinione pubblica polacca, rendendo più incerti i dirigenti comunisti di fronte ai movimenti sociali che avvenivano in patria, di fronte ai possibili cambiamenti”.
La rivoluzione al chiuso
Walesa mette in atto una forma di protesta senza precedenti, decide di non scendere in piazza e di non arrivare quindi allo scontro con il regime, ma si chiude dentro la fabbrica, una scelta di lì a poco seguita dagli operai delle città industriali di tutta la Polonia. “E questa fu una strategia vincente – spiega ancora Morozzo della Rocca – oltretutto ai cancelli delle fabbriche, nel caso di Danzica dei cantieri navali, vennero posti cartelloni e immagini del Papa, c’era un richiamo costante alla figura di Giovanni Paolo II, un po’ come a dire ‘ci mettiamo sotto la sua protezione’, e questo rese ancora più difficile, evidentemente, un assalto repressivo a luoghi che erano chiusi dall'interno”. Nessuna manifestazione, dunque, ma un arroccamento di scioperanti riuniti sotto il nome di Solidarność che, in pochi giorni, diventano milioni in tutto il Paese e che il governo non sa come sbloccare, “perché si trova davanti le immagini di Giovanni Paolo II che è di gran lunga, in quel momento, il polacco più popolare di tutto il Paese e che nessuno, compresi gli stessi dirigenti comunisti, vuole offendere”.
La forza della preghiera
Dal chiuso degli stabilimenti arrivano foto inimmaginabili, tute blu inginocchiate durante una messa celebrata all’interno di cantieri e fabbriche. “C’è una saldatura totale – spiega ancora lo storico – tra il senso nazionale e la Chiesa Cattolica, che riprende il ruolo storico in Polonia di testimone dell’unità e dell'indipendenza del Paese”. Alla guida della Chiesa polacca, c’è il cardinale Stefan Wyszyński, figura chiave nei rapporti tra Chiesa e regime, molto stimato, considerato dai leader del partito comunista polacco, Władysław Gomułka prima e Edward Gierek dopo, come il “vero interlocutore sociale del Paese”, in quel momento, aggiunge Morozzo, “la Chiesa esercita una leadership sulle masse popolari in Polonia”.
Gli Accordi di Danzica, il grande traguardo
Dopo circa due settimane di sciopero, il regime riconosce l’esistenza di un sindacato autonomo, fatto inaudito nel blocco dell’est. È una rivoluzione. Il 31 agosto vengono firmati gli Accordi di Danzica, nasce ufficialmente Solidarność e si apre un’era nuova per la Polonia e per il mondo. In poco tempo, però, Walesa perde il controllo del sindacato, a causa dell’assenza di una strategia unitaria e, soprattutto, di un grave blocco dell’economia del Paese. A prendere il potere sarà il generale Wojciech Jaruzelski, con il colpo di stato del 1981, si instaura di fatto una dittatura più militare che comunista, ma le bandiere di Solidarność non scompaiono del tutto, nonostante il sindacato non sia più legale e i suoi dirigenti siano in prigione o a domicilio coatto, Walesa compreso. Il ritorno di Giovanni Paolo II nel Paese, nel 1983, sblocca la situazione. “Il Papa – continua Morozzo della Rocca – ha una doppia strategia verso la sua Polonia: da una parte l’intransigenza, dall’altra tiene aperta una via negoziale anche attraverso il cardinale Agostino Casaroli, allora segretario di Stato vaticano”.
Solidarność nelle parole di Francesco e Benedetto XVI
Di quanto fosse importante per Giovanni Paolo II che si riparasse “alla storica ingiustizia” subita da popoli lasciati oltre la “Cortina di ferro”, e che quindi “l’Europa potesse respirare con due polmoni – quello occidentale e quello orientale”, parlava Benedetto XVI in una lettera del 23 agosto del 2005 indirizzata all’allora arcivescovo di Cracovia monsignor Stanislaw Dziwisz, in occasione del 25mo anniversario del sindacato. Il Papa emerito ribadiva anche il “grande significato” avuto da Solidarność nella storia della “Polonia e dell’intera Europa”. Anche Papa Francesco ne ha sottolineato il “ruolo ispiratore anche al di là dei suoi confini”, nel salutare, il 4 dicembre scorso, il direttivo del sindacato polacco presente all’udienza generale, congratulandosi, inoltre, per il “servizio a favore del bene comune e per i diversi gruppi professionali in Polonia” operato oggi del sindacato.
La svolta polacca prodromo della fine del blocco est
Dal 1985 iniziano a cambiare le cose, in Unione Sovietica sale al potere Michail Gorbačëv, che decide di restare fuori dalla trattativa personale tra Walesa e Jaruzelski, che porta al primo voto democratico del blocco e che, nel 1989, vede l’elezione di Tadeusz Masowieki, intellettuale cattolico di Cracovia, con radici vicine a Solidarność. “Di quegli anni molto complicati – conclude Morozzo della Rocca – i protagonisti sono stati parecchi, anzitutto Giovanni Paolo II, poi Walesa, il cardinale Wyszyński, e Jaruzelski. Naturalmente, in sede di analisi storica, ci sono tante ipotesi su questa fine del blocco sovietico, che vanno dalla presenza di Giovanni Paolo II a Roma, alla politica di Reagan, a quella di Gorbaciov. Ma la questione polacca credo sia stata veramente determinante per la temerarietà, il coraggio, l’ostinazione, del popolo che voleva riprendersi la sovranità rispetto al blocco dell’est e penso che il maggior peso sulla fine della guerra fredda ce l’abbia avuto proprio la vicenda polacca”.
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