Libia: il cessate il fuoco è un segnale di stabilità per tutto il Mediterraneo
Marco Guerra – Città del Vaticano
La comunità internazionale e le potenze regionali hanno accolto positivamente l’annuncio di un cessate il fuoco in Libia, diffuso venerdì da Fayez al-Serraj, capo del governo di Tripoli, e Agila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk, dopo alcune settimane di negoziati favoriti dalle Nazioni Unite e dagli Stati Uniti. L’intesa, resa nota dalla due autorità riconosciute dall’Onu, rilancia inoltre una processo politico che apre la strada a nuove elezioni generali previste nel marzo del 2021.
Le condizioni dettate dall’accordo
“Alla luce della situazione attuale del Paese, il presidente del Governo di accordo nazionale ha dato ordine a tutte le forze armate di interrompere immediatamente i combattimenti e di conseguenza rendere le città di Sirte e Giufra zone smilitarizzate”, si legge nella nota del governo di Tripoli, facendo riferimento a due località strategiche occupate nei mesi scorsi dalle forze del generale Khalifa Haftar, “l’uomo forte” della Cirenaica. “L'intento ultimo è riportare la sovranità del Paese e mandare via forze straniere e mercenari” chiarisce il testo, in cui il Consiglio presidenziale chiede inoltre di “riprendere la produzione e l'esportazione di petrolio e destinare i proventi a un conto della Banca estera libica da cui si potrà attingere solo dopo un accordo politico completo, sulla scia dei risultati della conferenza di Berlino e in piena trasparenza”.
Comunanza di vedute tra Tripoli e Tobruk
Sulla stessa linea il commento rilasciato dal parlamento di Tobruk: “Il presidente del Parlamento, Aguila Saleh, ha chiesto a tutte le parti un cessate il fuoco immediato e l'interruzione di tutte le operazioni di combattimento in tutto il Paese”. Le autorità di Tobruk auspicano inoltre che “la città di Sirte diventi un quartier generale temporaneo del nuovo Consiglio presidenziale, che riunisca tutti i libici e li avvicini”. Infine anche Saleh ha messo l’accento sul fatto che l’intesa sbarra la strada a qualsiasi intervento militare straniero, e sulla riattivazione della produzione petrolifera.
L’approvazione delle potenze straniere
Questa svolta è stata letta da tutti gli attori internazionali convolti come un serio tentativo di stabilizzazione e pacificazione. L’iniziativa ha ricevuto l’approvazione dalla missione dell'Onu in Libia, Unsmil, che ha chiesto "l'immediata esecuzione della coraggiose scelte attuate". Plauso anche da Italia, Francia, Germania e Stati Uniti. Il presidente egiziano Al Sisi ha parlato di “passo importante” verso una “soluzione politica”. Sostegno all’accordo è stato espresso anche dalla Lega Araba e dai Paesi del Golfo. Quindi anche soggetti che hanno mostrato interessi contrapposti nell’area sembrano apprezzare i nuovi sviluppi nel complesso quadro libico. Un elemento da non sottovalutare visto che il successo di questa soluzione negoziata dipenderà anche dal ruolo delle potenze esterne, in particolare dalla Turchia che sopporta al Serraj e dall’Egitto che sostiene Saleh e che in passato ha appoggiato il generale Haftar.
Sanguini (Ispi): opportunità per tutto il Mediterraneo
“Un primo passo di un percorso complicato ma che apre a grandi opportunità per la Libia e per l’intero Mediterraneo” così l’ex ambasciatore e attuale analista senior dell’Ispi, Armando Sanguini, commenta l’accordo per il cessate il fuoco. Per il diplomatico italiano, Saleh è stato l’uomo chiave di questa intesa, poiché nei mesi scorsi ha preso le distanze da Haftar e ha ottenuto l’appoggio del Cairo che si è subito espresso favorevolmente all’accordo, così come Mosca e Washington. “Sicuramente esce sconfitto Haftar – prosegue – esce invece vincitore l’Egitto ed escono bene Stati Uniti e Russia, meno bene la Francia, è interessante poi vedere come tutto il mondo arabo sia stato favorevole ad un accordo negoziale”.
Ripercussioni sui flussi migratori
Sanguini spiega poi le ripercussioni positive per il Mediterraneo: “L’accordo getta acqua sul fuoco in una situazione geopolitica nevralgica. Lo è per i flussi migratori, lo è per la produzione petrolifera, lo è nella lotta al terrorismo viste le infiltrazioni jihadiste in Libia, lo è infine per il contrasto al Covid che, in una situazione di debolezza, in Libia può fare strame di tutto quello che incontra sulla sua strada”. Secondo l’esperto dell’Ispi l’accordo vede ben allineate anche le tribù libiche, dal momento che uno degli aspetti centrali dell’intesa e riappropriarsi della sovranità del Paese e allontanare le forze stranire. “Gli scenari sono quelli di un ritrovato modo di dialogare dei paesi del Mediterraneo – conclude – perché oggi chiunque si assumesse la responsabilità di far fallire questo processo si macchierebbe di una gravissima colpa”.
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