La prima Guerra del Golfo: le conseguenze per il mondo
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
La storia non si fa con i se, ma in molti oggi si chiedono quale sarebbe stata la storia recente del Medio Oriente e del mondo, se il 2 agosto 1990, l’Iraq di Saddam Hussein non avesse invaso il Kuwait, provocando la reazione bellica della comunità internazionale, con una coalizione di 30 Paesi guidata dagli Stati Uniti. Secondo Nicola Pedde, direttore dell’Institute of Global Studies, dobbiamo cercare le origini di quell’evento epocale, documentato con minuzia di particolari dalla CNN e dalle televisioni di tutto il mondo con immagini passate alla storia e che hanno sancito la nascita della cosiddetta “guerra chirurgica”, nel conflitto iniziato dieci anni prima tra Baghdad e l’Iran. Dopo otto anni di scontri l’Iraq aveva accumulato un debito di guerra ingente, che soprattutto i Paesi arabi chiedevano di onorare, e l’invasione del Kuwait fu una sorta di ritorsione nei confronti della comunità internazionale, che non si era opposta più di tanto al conflitto contro Teheran. A 30 anni di distanza, afferma Pedde, ci si accorge che i problemi dell’area del Golfo Persico non sono affatto risolti, anzi stiamo rientrando in una nuova fase altamente critica per le dinamiche regionali.
Dalla prima alla seconda Guerra del Golfo
La Guerra del Golfo portò l’Iraq in una situazione di forte depressione economica, alla quale non si riuscì a far fronte col programma ‘oil for food’, petrolio in cambio di cibo. Di conseguenza essa fu in qualche modo la causa della crisi del regime di Saddam Hussein e il motivo, sia pure indiretto, del secondo conflitto del Golfo, che durò dal 2003 al 2011. Furono in vero gli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono il motivo ufficiale che dette la stura ad un nuovo conflitto contro l’Iraq. La situazione di instabilità così generata causò un fortissimo impoverimento dell’Iraq, gravato tra l’altro da imponenti debiti di guerra e pesanti sanzioni. La prima conseguenza di questa situazione di instabilità probabilmente fu la nascita di tutta quella serie di organizzazioni terroristiche fondamentaliste, prima tra tutte Al Qaeda, che ormai da venti anni mettono in crisi la sicurezza regionale e internazionale.
La gestione della guerra
Furono molte le critiche alla gestione statunitense della Guerra del Golfo. Il capo della Casa Bianca di allora, George Bush, venne accusato di essersi limitato a liberare il Kuwait e di non aver proseguito le operazioni, invadendo l’Iraq, neutralizzando così già allora qualsiasi possibilità di ulteriori tensioni che potevano generate dal regime di Saddam Hussein.
Ma, di fatto, sottolinea Nicola Pedde, Bush si attenne al mandato dell’Onu. Anzi, di fronte alla forte azione diplomatica, che vide protagonista la Santa Sede e Giovanni Paolo II in prima persona, che invece premeva per il dialogo e per la pace, si evitò che nel conflitto intervenisse Israele, minacciato dal missili Scud dell’Iraq, un’ipotesi che avrebbe significato un allargamento pericoloso della guerra a tutta la regione mediorientale.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui