Al via il festival dell'economia civile: lo sviluppo a misura d'uomo
Alessandro Guarasci - Città del Vaticano
Il Festival dell’Economia Civile apre i battenti a Firenze con una giornata inaugurale che vede la partecipazione anche del capo dello Stato Sergio Mattarella. Tra gli ospiti di questa tre giorni, il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, il premier Giuseppe Conte, i ministri Elena Bonetti e Sergio Costa, l’economista Stefano Zamagni. Questa forma di economia, si legge nel manifesto dell'iniziativa, "affermala centralità della persona e il valore del lavoro come luogo di realizzazione delle più profonde aspirazioni umane. Rifiuta l’idea che si possano trattare le risorse umane al pari di quelle materiali e tecnologiche: l’uomo si realizza con il proprio ingegno, con il lavoro manuale e intellettuale e non può mai venire ridotto a mero fattore di produzione o ingranaggio di un sistema produttivo”. Uno dei promotori Sergio Gatti fa notare che “l’economia civile è un’esperienza per troppo tempo dimenticata della cultura italiana”:
Ma come nasce il termine e il concetto di "Economia civile"?
R. - Antonio Genovesi inventò questo termine, ma soprattutto la filosofia dell'economia civile, a Napoli, nella splendida stagione del risorgimento napoletano. E’ particolarmente attuale nella fase di progettazione del mondo di dopo, rispetto al mondo di prima, che speriamo si sia in grado di costruire presto e bene rispetto alla pandemia che ci ha investito. E perché si fonda su alcuni ingredienti fondamentali che sono la fiducia, la reciprocità, la mutualità pubblica, la felicità pubblica. Diceva ancora Genovesi, non c’è felicità individuale se non c'è attenzione a costruire la felicità di chi vive attorno a noi.
Durante l'epidemia di coronavirus sono aumentati, e anche molto, i profitti delle grandi multinazionali. Serve un’economia che guardi di più alle persone?
R. - Certamente, il Papa anche di recente nelle sue catechesi del mercoledì, ha sottolineato che la pandemia sta aggravando le disuguaglianze. Il problema è che tutto ciò è legato anche a un'economia malata, c'è una parte dell'economia che non tiene conto dei doveri di chi abita nella casa comune. Quindi del degrado ambientale e anche dei doveri di chi non deve concentrare la ricchezza, sia di denaro ma anche la ricchezza di opportunità e soprattutto di dati che è il nuovo petrolio del nostro tempo. Quindi, a maggior ragione il dare spazio alla filosofia e alla pratica dell'economia civile è un segno controcorrente. Non a caso nelle nostre tre giornate avremo relatori, testimoni, ma anche protagonisti. Cioè chi dal basso sul campo fa e riflette. Quindi avremo imprenditori, avremo dei giovani e delle giovani che hanno avviato attività di sviluppo coerenti con i principi della sostenibilità.
Voi parlate di inclusione sociale, ma anche di biodiversità delle forme di impresa.
D. - Tutto ciò che vive attorno a noi è indispensabile, lo stiamo apprendendo poco alla volta. La distruzione di specie legate all'impronta dell'uomo, è qualcosa che non possiamo permetterci. E lo stesso vale per la diversità nelle forme giuridiche, c'è spazio e ci deve essere cittadinanza che promuova la pluralità d’impresa. Dunque, società per azioni, società a responsabilità limitata, alle cooperative, ai consorzi, perché soltanto in questo modo la libertà di impresa può esprimersi al meglio. Ma soprattutto perché la biodiversità è una garanzia essa stessa, per esempio del mondo bancario, di stabilità finanziaria. Ora, non sempre le norme, soprattutto in campo bancario europeo, sono in linea con questa visione. Una delle cose che sottolineremo al festival è che vanno benissimo le risorse europee del Next Generation Ue. Ma, se non ci sono regole adeguate, si perde molto potenziale e non si riesce a dare il credito a chi lo merita.
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