Attesi in Italia 300 rifugiati provenienti da Lesbo
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Un progetto della durata di 18 mesi e che darà priorità alle famiglie, alle persone più vulnerabili e ad alcuni minori non accompagnati. E’ il cuore dell’accordo firmato ieri al Viminale tra l’Italia e la Comunità di Sant’Egidio per l’ingresso di 300 rifugiati provenienti dalla Grecia, in particolare dall’isola di Lesbo. Due settimane fa all’Angelus, il Papa aveva lanciato un appello per un’accoglienza umana e dignitosa per i migranti del campo profughi di Moria, devastato dagli incendi.
Accogliere e integrare
Il corridoio umanitario è una prima risposta italiana all’appello dell’Unione Europa per il ricollocamento dei rifugiati dopo il rogo nel campo. In Italia, in passato 67 profughi erano giunti attraverso un corridoio umanitario realizzato insieme all’Elemosineria Apostolica: le prime famiglie viaggiarono da Lesbo a Roma nell’aereo di Papa Francesco, dopo la sua visita dell’aprile 2016. Come nasce questa iniziativa? Risponde Roberto Zuccolini, portavoce della Comunità di Sant'Egidio:
R. - Nasce da una presenza ormai consolidata negli anni perché la Comunità di Sant’Egidio è stata presente sull’isola di Lesbo per seguire la situazione e le drammatiche condizioni di vita dei profughi e dei rifugiati che arrivavano sulla soglia del nostro continente ma che poi non riuscivano a essere raccolti o integrati nei paesi dell’Unione Europea, a parte la Grecia. Un primo corridoio umanitario la Comunità di Sant'Egidio l’ha fatto proprio con l’Elemosineria Apostolica, se si pensa che il primo viaggio dei primi profughi portati in Italia avvenne durante la visita del Papa nel 2016. Il Pontefice portò con sé tre famiglie di rifugiati. Fu un segno molto bello fatto in collaborazione con la Comunità che poi si è occupata dell'ospitalità di queste famiglie. Questo primo speciale corridoio umanitario fatto con l’Elemosineria Apostolica ha portato 67 profughi in Italia. Ora si è giunti a questo nuovo accordo per 300 rifugiati da Lesbo. E’ un accordo che la Comunità di Sant'Egidio firma con lo Stato Italiano per farli arrivare nel corso di 18 mesi scegliendo le persone le famiglie che presentano condizioni di vulnerabilità e alcuni minori non accompagnati. Dopo gli ultimi avvenimenti nell'isola di Lesbo, soprattutto l’incendio che ha distrutto il campo di Moria, dove vivevano più di 13mila persone, l'Unione Europea ha fatto un appello per il collocamento di questi rifugiati. Finora hanno risposto pochi paesi alcuni più generosi, come ad esempio la Germania, la Francia e questa è la prima risposta dell'Italia. E’ una risposta particolare perché i corridoi umanitari nascono dalla collaborazione della nostra Comunità con la società civile, tante associazioni che ci aiutano nella accoglienza e integrazione di queste famiglie. Lo consideriamo un evento importante e speriamo che questo sia la porta che si apre per la speranza di una nuova vita in Italia e per tanti che credono in una Europa dei diritti civili, dei diritti umani e dell’integrazione.
Nel mese di agosto avete promosso a Lesbo una vacanza solidale. Già allora avevate avuto sentore della situazione difficile di Moria, il campo profughi più grande d'Europa?
R. – Certamente sì anche perché noi abbiamo svolto visite nel campo anche in inverno prima del lockdown quando nell'isola si era arrivati ad avere una residenzialità di circa 20 mila profughi in un campo che poteva ospitare circa tremila persone. Noi siamo in contatto con molte famiglie e tutti chiedono di trovare una soluzione ai loro problemi che sono quelli di avere una prospettiva per il futuro e di non restare in questo, che non è più un limbo, ma a tutti gli effetti è un inferno di condizioni di vita. E quindi abbiamo lavorato su questo e d’estate abbiamo scelto, in solidarietà con i rifugiati, di passare in 150 provenienti da paesi diversi di passare un’estate solidale con loro. Abbiamo organizzato una ristorazione per loro che normalmente non sono più abituati a stare attorno a una tavola, vivendo in tende precarie, è stata un’occasione che gli ha dato la dignità che manca. Anche così cresce la fiducia perché le cose possono cambiare. Abbiamo parlato con queste famiglie di questi corridoi umanitari che poi alla fine si sono concretizzati, abbiamo fatto animazione con i bambini che sono tantissimi, quasi la metà dei residenti nell'isola, 3 anche fatto corsi di inglese molto utile per il futuro di tanti giovani adulti.
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