Belarus: Ue e Usa non riconoscono l’insediamento di Lukashenko
Marco Guerra – Città del Vaticano
Torna alta la tensione in Belarus, dove ieri Aleksandr Lukashenko ha prestato giuramento per il suo sesto mandato alla guida del Paese. Il capo dello Stato ha giurato come presidente della Belarus in una cerimonia, che non era stata annunciata e che si è svolta ieri mattina nella capitale Minsk, alla presenza di diverse centinaia di alti funzionari governativi. L'insediamento è arrivato dopo sei settimane di proteste dell’opposizione contro i risultati ufficiali delle presidenziali del 9 agosto, che ha definito "truccate". Lukashenko che guida il Paese da 26 anni avrebbe avuto tempo fino metà ottobre per assumere la carica.
Opposizione di nuovo in piazza
Non appena si è diffusa la notizia del giuramento di Lukashenko, sono riprese le manifestazioni di piazza. Dura la risposta della polizia che ha usato gas lacrimogeni e idranti per disperdere i dimostranti. Secondo alcune ong locali sono stati effettuati 115 arresti in diverse città.
L'isolamento internazionale
Nel frattempo si acuisce l’isolamento e la condanna da parte dei Paesi Occidentali. L'Unione Europea si rifiuta di riconoscere Lukashenko come presidente della Belarus. Lo ha reso noto il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, sostenendo che “la cosiddetta inaugurazione” del 23 settembre del nuovo mandato “manca di ogni legittimità democratica”. “Le elezioni del 9 agosto non sono state né libere né eque”, si legge nella nota diffusa dall'Alto rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza dell'Ue. Anche la Germania e Stati Uniti hanno detto di non riconoscere Lukashenko come presidente, mentre il presidente italiano, Sergio Mattarella, ha parlato di repressione inaccettabile delle proteste.
Nessuna visita di Putin in Belarus
Nessuna nuova presa di posizione invece da parte della Russia, storica alleata di Minsk. Il 14 settembre, nella città russa di Sochi, Lukashenko aveva incontrato il capo del Cremlino, Vladimir Putin, per discutere della crisi, di eventuali riforme costituzionali e di aiuti economici da parte di Mosca. Ieri però il portavoce del presidente russo ha smentito le voci di una possibile prossima visita di Putin in Belarus.
Opposizione disorganizzata
“Il giuramento di Lukashenko non è una sorpresa, è un passaggio ulteriore di una politica con lo scopo di rimanere al potere nonostante non abbia più il consenso sia internazionale che interno”. Così Aldo Ferrari, analista dell’Ispi e docente all’Università Ca’ Foscari, commenta a Vatican News gli ultimi sviluppi della crisi politica in Belarus. Secondo l’esperto dell’Europa dell’Est, i leader dell’opposizione sono stati sistematicamente estromessi dalla vita pubblica anno dopo anno, questo ha tagliato ogni possibilità di dialogo con un’opposizione moderata, anziché intransigente. “Al momento l’opposizione non ha esponenti politici – prosegue – e non è una forza organizzata in partiti, ma si riduce a mere proteste di piazza, il che rende difficile immaginare un suo successo”.
Serve collaborazione tra Russia e Ue
Ferrari reputa anche che la crisi in Belarus allontana la possibilità che tra Russia e Occidente si ricominci a restaurare relazioni positive, che sarebbero utili ad entrambe le parti. “La soluzione migliore sarebbe una transizione senza perdere lo storico rapporto con Mosca”, ritiene l’analista dell’Ispi, ma il fatto che Lukashenko abbia impedito l’emergere di volti riconoscibili e validi rende impraticabile questa ipotesi. “In prospettiva l’ipotesi più probabile è un Lukashenko che rimane al potere con l’appoggio dell’esercito”, conclude Ferrari, “parliamo di una realtà abbastanza bloccata che si spera si possa risolvere. Se Russia e Ue collaborassero ci sarebbe una possibilità reale di cambiamento e miglioramento della situazione”.
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