Marcia Perugia - Assisi: una catena umana della pace e della fraternità
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Saper pensare e fare la pace attraverso la costruzione di relazioni nuove, attraverso il prendersi cura l'uno dell'altro, perchè non possiamo vivere bene da soli. Questo il pensiero di fondo della Marcia Perugia - Assisi in programma il prossimo 11 ottobre con una modalità del tutto speciale. Sarà infatti una "Catena umana della pace e della fraternità da Perugia ad Assisi", preceduta dal Meeting nazionale "Time for Peace - Time to care",che si svolgerà a Perugia e in tante altre città italiane, il 9 e 10 ottobre 2020.
A presentarla in questa veste di "catena di costruttori di pace" lungo il percorso di 25 chilometri che unisce Perugia ad Assisi è stata, questa mattina, la conferenza stampa tenutasi al Sacro Convento di Assisi con la partecipazione di Flavio Lotti, del Comitato Promotore Marcia PerugiAssisi, di padre Mauro Gambetti, Custode del Sacro Convento di San Francesco d'Assisi, di padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento d'Assisi, di Giuseppe Giulietti, Presidente FNSI e fondatore di Articolo21 e di Simone Pettirossi, Assessore alla Pace del Comune di Assisi.
Servono "relazioni nuove", un "tessuto nuovo" da costruire sulla base della fraternità - spiega Flavio Lotti - e servono, oggi più che mai, persone che vogliano impegnarsi in tal senso. Troppi i Paesi del mondo che reclamano la pace, troppe le famiglie in difficoltà, troppi i popoli che non l'hanno mai conosciuta. E non si tratta dell'impegno di un giorno, di una occasione, si tratta invece della sfida del mondo di oggi e la nuova enciclica del Papa, Fratelli tutti, vuole proprio esprimere questo:
R.- Abbiamo deciso di promuovere questa catena umana perché la Perugia-Assisi è una chiamata all' impegno per la pace e oggi, in tempo di Covid, è ancora più urgente, è ancora più necessario avere dei costruttori di pace. Persone che si assumano la responsabilità di pensare e di fare la pace. Ecco la Perugia - Assisi che faremo l'11 di ottobre, come una catena umana, sarà una chiamata all'impegno per la pace, che deve risuonare nel cuore e nella testa di tutti perché abbiamo bisogno della pace, anzi rischiamo di perderla, e in tante aree del mondo manca del tutto. Penso alle persone che stanno sotto le bombe in Siria, in Libia, nello Yemen, o in tante parti dell'Africa; penso a quello che sta succedendo in Bielorussia, in Turchia, in Palestina; penso alle grandi violazioni dei diritti umani, ma penso anche a tutte le persone che stanno cercando di avere un presente e un futuro. A tutti i 70 milioni di migranti che sono ancora in cerca di un po' di pace. E penso alle famiglie nostre che oggi vivono nell'incertezza per via della crisi economica, e della perdita dei posti dei posti di lavoro. Ecco perché è importante esserci e noi invitiamo davvero ad esserci tutti l'11 ottobre.
Possiamo dire che l'11 ottobre il simbolo dell'unità e della fraternità da riallacciare sarà il filo, che ciascuno porterà e che annoderà a quello degli altri, un impegno a restare uniti. Il Papa ci ha regalato la bella immagine di "stare tutti sulla stessa barca" per esprimere il legame che in tempo di pandemia si è proposto con evidenza e dal quale non possiamo prescindere. Anche voi parlate di una nuova società, di una nuova economia e di nuovi rapporti da tessere. Che cosa si intende?
R. Sì, domenica saremo distanziati di almeno due metri l'uno dall'altro, ma ognuno è invitato a portare con sé qualcosa, un filo, una corda, una treccia, qualsiasi cosa si possa annodare al filo, alla treccia, alla corda del vicino. E questa metafora del filo che adottiamo è anche un modo per dire che dobbiamo impegnarci a ricostruire delle relazioni nuove. Noi tutti siamo un filo e stiamo bene quando il filo della nostra vita è legato ai tanti fili degli altri, perché non possiamo vivere bene da soli, abbiamo bisogno degli altri. E allora bisogna che questo tessuto nuovo venga costruito attorno all'idea di fraternità ed è molto bello che la marcia si svolga ad una settimana dal giorno in cui anche Papa Francesco visiterà Assisi per firmare la nuova enciclica, che appunto si chiamerà "Fratelli tutti". Ecco questo tema della Fratellanza, della sorellanza, della fraternità noi lo riprenderemo perché non può essere soltanto l'occasione di una riflessione di un giorno, ma deve diventare l'impegno di cura dei prossimi dei 10 anni. Per questo vogliamo provare a rimetterci insieme, per riflettere, ragionare e unire tutti i percorsi che si stanno facendo nella direzione della costruzione di una nuova società e di una nuova economia centrata sulla Fratellanza e sulla cura gli uni degli altri e per l'ambiente.
L'ha colpita la scelta di Papa Francesco di dedicare una enciclica alla Fratellanza?
R.- Mi ha colpito e riempito di gioia. In fondo non è nuovo il concetto per il Papa ma è forte il gesto, e poi leggeremo con grande curiosità il testo del documento che credo oggi interpreti la vera sfida che sta davanti a noi. Oggi viviamo in un clima di perenne competizione e questa competizione selvaggia ci sta mettendo gli uni contro gli altri, per cercare di guadagnare di più, di diventare più bravi, più famosi. In un certo senso siamo disposti a qualsiasi cosa contro gli altri pur di raggiungere il nostro obiettivo. E questo sta distruggendo la società, sta distruggendo il pianeta, il mondo, ecco che allora noi dobbiamo sostituire la competizione selvaggia, violenta e distruttiva, con la Fratellanza, con la fraternità, che vuol dire proprio la costruzione della capacità di vivere insieme, riconoscendo la dignità e i diritti di ciascuno.
Direi anche un "prendersi cura" dell'altro: questa "Catena umana" dell'11 ottobre sarà preceduta da un Meeting intitolato proprio: il Tempo per la pace, il Tempo del curarsi dell'altro. Anche questo è un termine che al Papa sta molto a cuore, il prendersi cura, contro quella che lui chiama la globalizzazione dell'indifferenza. Prendersi cura perché è l'unica strada che abbiamo..
R.- Esatto: la parola "cura" che abbiamo relegato all'ambito della salute e delle malattie, oggi ha invece acquisito anzi ha disvelato il suo significato pià profondo. Oggi siamo in grado di capire forse che la cura è il perno attorno al quale dobbiamo ricostruire le nostre relazioni umane e il nostro rapporto con l'ambiente, con il creato e quindi anche la società e quindi anche l'economia. Perché una economia che uccide, un'economia che distrugge, un'economia che esclude, non fa il bene, non ci garantisce nessun futuro. Anzi lo sta distruggendo. Ecco perchè abbiamo bisogno di cambiare strada e la cura può essere la Bussola che noi dobbiamo seguire per arrivare appunto a costruirla, a raggiungerla questa meta.
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