Covid-19. Facciamo chiarezza sulla durata della quarantena
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
La discussione ha avuto il suo apice nell'ultimo mese, quando in molti si sono interrogati sulla durata della quarantena legata alla pandemia di Covid-19. Per soffocare ogni timore, fu scelto fin dall'inizio dell'anno un lasso di tempo pari a 14 giorni, o meglio “12+2”, proprio per evitare anche il minimo rischio. Numeri che però sono stati modificati da alcuni Stati, tra i quali la Francia, che hanno voluto ridurre alla metà la durata della quarantena per i sospetti contagiati, mentre altri ragionano sui 10 giorni totali. La questione è centrale, sia per la salute del singolo individuo che teme di essere venuto a contatto con il coronavirus, ma anche per la comunità che potrebbe registrare - si pensi agli uffici, i mezzi pubblici, ma anche alle scuole - persone risultate, per così dire, “troppo presto negative” al tampone. “Certamente un tampone negativo dopo cinque giorni dà una tranquillità relativa, ma non totale e la prudenza invece è d'obbligo”, afferma nell'intervista a Vatican News il professor Roberto Cauda, Direttore del Dipartimento Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma.
Cosa sono i tamponi
“La diagnostica del Covid-19 si basa sui tamponi, lo sappiamo ormai da molto tempo grazie al test di biologia molecolare uscito praticamente subito”, ricorda Cauda, sottolineando come “questa sia una indiretta misura del coronavirus, perché ne testiamo solo una parte che è comunque molto vicina alla realtà”. “Ciò che va evidenziato con maggior forza è che il tampone – prosegue – fotografa esclusivamente la situazione del momento in cui viene effettuato, dunque non predice ciò che avverrà il giorno dopo”. Per questo “il tampone negativo è un elemento importante da un punto di vista epidemiologico, ma in una situazione in cui il virus circola anche attraverso i soggetti asintomatici, questo crea quello che è stato definito 'il cavallo di Troia', con il virus veicolato da soggetti cosiddetti invisibili”.
La durata della quarantena
Quale può essere allora considerato il periodo “giusto” della quarantena? “Noi sappiamo che un soggetto contagiato ha una massima emissione di coronavirus intorno ai 6 giorni, dopo quella data scema la quantità fino al dodicesimo giorno. Per maggiore precauzione si sono aggiunti altri 2 giorni ed è da qui - spiega Cauda - che deriva la quarantena di 14 giorni. In Francia, partendo da questo presupposto e sulla base di motivazioni non solo sanitarie, ma anche di natura psicologica ed economico-lavorativa, si è deciso di dimezzare la quarantena, riducendola a 7 giorni. Anche in Italia si è discusso su una riduzione a 10 giorni subordinata all'esecuzione del tampone negativo”. Ma quale la percentuale di rischio? “L'Ente europeo delle malattie infettive, che ha sede a Stoccolma, ha quantizzato al 6% la possibilità di casi non rivelati con una quarantena ridotta a 10 giorni”.
I consigli dopo 7 mesi di pandemia
“In questo momento - prosegue il dottore del Gemelli - bisogna essere molto vigili. La circolazione in Italia, come in altri Paesi quali la Germania, è legata a molti focolai, senza grandi differenze tra Nord, Centro e Sud. Con una particolare attenzione, l'esecuzione di test, il tracciamento dei contatti ed il trattamento dei contagiati fino ad ora il sistema ha retto: i numeri sono sì in crescita in Italia, ma la pandemia è contenuta. Oggi - aggiunge Cauda – dobbiamo evitare che dai focolai si passi ad un contagio più diffuso, come sta avvenendo in Francia e Spagna”.
I rischi dopo un primo tampone negativo
Se una persona avesse contatti con un'altra e quest'ultima dovesse risultare poi contagiata, la prima potrebbe sentirsi sicura dopo un tampone effettuato ad una settimana di distanza dall'ultimo contatto? “Certamente un tampone negativo effettuato dopo cinque, sei giorni è un elemento di relatività tranquillità, ma - ribadisce Cauda - il soggetto non può essere sicuro di non essere stato contagiato! Quindi in questi casi la cautela, soprattutto in una malattia che si trasmette anche con gli asintomatici, è d'obbligo”. Anche per tutelare la salute del prossimo.
L'età media dei contagi
Infine una riflessione sull'età delle persone colpite dal Covid-19. “Quest'estate l'età media dei contagiati è scesa sotto i trent'anni ed abbiamo visto come molti soggetti non presentassero gravi sintomi, ma ora - conclude Cauda - con un nuovo aumento dell'età media ormai intorno ai 40 anni, si ipotizza che siano aumentati i contagi in famiglia, con genitori e nonni che contrariamente a figli e nipoti hanno sviluppato forme sintomatiche, con un conseguente aumento dei ricoveri e delle terapie intensive”.
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