Caritas Europa: aiutare subito i profughi di Moria
Linda Bordoni e Giancarlo La Vella - Città del Vaticano
Dopo l'incendio che ha distrutto totalmente il campo profughi di Moria, nell'isola greca di Lesbo, situazione insostenibile per i 12 profughi che abitavano il campo. Tante le persone che vagano sull'isola alla ricerca di un nuovo tetto, cibo e acqua. Nelle prossime ore delle navi finanziate dall'Unione Europea, saranno dispiegate in Grecia per dare rifugio ai richiedenti asilo più vulnerabili. Lo ha annunciato il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, che ieri sera si è recato in visita sull'isola.
Caritas Europa: una soluzione a tutela della dignità delle persone
Mai come adesso è urgente che a Moria si intervenga ad evitare che il disastro si aggravi ancora di più a danno dei richiedenti asilo. La mobilitazione, afferma Silvia Sinibaldi, direttrice degli aiuti umanitari di Caritas Europa, non può essere solo quella delle organizzazioni umanitarie, ma ci deve essere un intervento importante da parte dell'Unione Europea, sia per risolvere l'emergenza immediata, che per ricollocare nei vari Paesi gli oltre 12 mila rifugiati di Moria. Occorrono decisioni che tutelino la dignità delle persone, afferma ai nostri microfoni.
R. - La situazione a Moria, nell’isola greca di Lesbo, dopo i primi incendi di due giorni fa, è ulteriormente peggiorata, perché anche quelle aree che non erano state implicate nell'incendio sono stati poi distrutte nell’altro incendio di ieri, per cui il campo è ormai completamente distrutto. Oltre 12 mila persone vagano per le strade dell’isola e l'accesso alla città di Mitilene è bloccato da parte della polizia per cui I migranti, che prima stavano a Moria, ora sono per le strade e cercano di accedere a punti di ristoro e di rifornimento di acqua. La Caritas Grecia sta cercando di coordinarsi con il governo che sta coordinando gli interventi e sta cercando di trovare una soluzione per queste oltre 10 mila persone e speriamo che una soluzione venga trovata e che non sia una soluzione temporanea e poco dignitosa come quella, di cui si parlava in Europa, di portare delle navi in cui ricollocare temporaneamente i migranti.
Tutto questo chiama in causa chiaramente l'Unione Europea. Che cosa sperate avvenga nei prossimi giorni?
R. – Caritas Europa, ormai senza tregua, da anni sta cercando di chiedere che ci sia un sistema di redistribuzione e di solidarietà che sia condiviso tra gli stati membri. Ci rendiamo conto che tutto questo non può essere sulle spalle soltanto del governo greco, come non può essere sulle spalle solo dei governi che si affacciano sul mar Mediterraneo, come l’Italia per esempio. Nei prossimi giorni dovrebbe succedere che i leader dell'Unione Europea trovino un modo per poter per poter farsi carico, alla luce di quanto chiesto e auspicato anche da Papa Francesco, di dare il benvenuto e soprattutto proteggere i migranti che sono in questo momento per le strade di Moria.
Quattro anni fa Papa Francesco stesso è andato a Moria e tutti noi abbiamo visto le condizioni già gravi, che poi sono peggiorate nel campo. Perché l'Europa guarda altrove e non si è presa carico di questa situazione?
Anche noi siamo molto in difficoltà, siamo a volte impotenti nel chiedere a Bruxelles che un sistema più equo sia messo in piedi con urgenza. Questa è una vergogna per l'Europa. Quello che è successo in questi quattro anni, come ho detto, è che la situazione è peggiorata e i migranti sono arrivati e continuano ad arrivare in maniera costante, anche se non con delle ondate così evidenti da suscitare l’interesse dei mezzi di comunicazione, così come ciò che è successo nel 2015. Probabilmente, finché non succede qualcosa di grave, come i recenti incendi, si rischia che l'attenzione venga meno e quindi anche a livello politico, l’immigrazione, che è un tema molto scomodo, che non mette d'accordo gli stati membri, viene passato in secondo piano nell'agenda e questo è grave, è una vergogna per i valori fondanti dell'Unione Europea. Si preferisce non vedere piuttosto che trovare una soluzione.
Hai un appello da fare?
L’appello è che non venga mai meno ancora una volta la voglia di portare speranza, che quello che è successo veramente sia da monito e che per una volta per tutte sia un segnale di rinascita, perché un campo come quello di Moria non deve più esistere in nessuna parte del mondo. Quindi l’auspicio è che a livello europeo si trovi una soluzione comune e condivisa che mette la persona e la dignità al centro.
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