A Firenze il restauro di Michelangelo dal vivo
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
Partecipare allo svolgimento del restauro di un capolavoro di Michelangelo Buonarroti. É la possibilità offerta dall’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze ai visitatori che ne faranno richiesta, attraverso visite guidate rivolte ad un massimo di cinque persone alla volta. L’opera in questione è la Pietà Bandini, gioiello indiscusso del grande scultore rinascimentale.
Il ritratto di Michelangelo
Una scultura dalla storia travagliata, la Pietà Bandini è stata scolpita da un enorme blocco di marmo di Carrara quando Michelangelo era vicino agli ottant’anni, tra il 1547 e il 1555. Carica di vissuto e sofferenza, a differenza degli altri due gruppi plastici realizzati dall’artista sul tema (Pietà vaticana e Pietà Rondanini al Castello Sforzesco di Milano), la versione dell’Opera di Santa Maria del Fiore presenta il corpo del Cristo sorretto non solo da Maria ma anche da Maddalena e dall’anziano Nicodemo, a cui Michelangelo diede il proprio volto.
Sopravvissuta alla storia
Raccontano Vasari e Condivi, celebri biografi dell’epoca, che la scultura era destinata ad un altare di una chiesa romana, ai cui piedi l'artista avrebbe voluto essere sepolto. Michelangelo non la portò a termine. Tentò addirittura di distruggerla in un momento di sconforto. L’opera danneggiata subì varie vicissitudini nel corso dei secoli giungendo da Roma a Firenze, prima nei sotterranei della Basilica di San Lorenzo poi, sotto Cosimo III nel 1722, dietro l’altare maggiore della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, fino ad occupare l’odierna collocazione, dal 2015, nel nuovo Museo dell'Opera del Duomo al centro della sala intitolata Tribuna di Michelangelo.
Il primo restauro
Quello in corso è il primo restauro eseguito sulla Pietà Bandini. Non vi è traccia infatti, consultando le fonti, di precedenti interventi avvenuti negli ultimi 470 anni , eccezion fatta per quello condotto da Tiberio Calcagni, scultore amico di Michelangelo, nel 1565. Ciò che invece risulta documentato è il calco, che nel 1882 ha portato alla realizzazione della copia in gesso conservata alla Gipsoteca del Liceo Artistico di Porta Romana a Firenze.
I segni del tempo
Elevate quantità di gesso sono infatti state rinvenute subito dopo la prima pulitura della superficie della scultura. Per rimuoverle si procederà con alcune prove in modo da individuare la metodologia più idonea. Nel frattempo l’intervento di restauro fin dal suo avvio ha riportato alla luce cromie, frutto di precedenti trattamenti del marmo, e dettagli, non conosciuti della Pietà di Michelangelo: dai segni di lavorazione realizzati con strumenti diversi, alle impronte dei tasselli del calco ottocentesco. L’intervento conservativo commissionato dall’Opera di Santa Maria del Fiore, finanziato dalla Fondazione non profit Friends of Florence, sotto la tutela della Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, è stato affidato alla restauratrice Paola Rosa e avrebbe dovuto concludersi l’estate scorsa. L’emergenza Covid ha determinato prima l’interruzione e quindi uno slittamento dei lavori.
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