Onu, per 75 anni alla ricerca della pace
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Era il 24 ottobre 1945, quando a San Francisco, un primo gruppo di Paesi dette vita all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Dopo due devastanti guerre mondiali era forte in tutto il mondo la voglia di pace, di ricostruire e lavorare per il benessere globale. E proprio la ricerca della pace è il primo dei compiti che l’Onu si è posto sin dalla sua nascita. Ma in 75 anni molto è cambiato e il Palazzo di Vetro, storica sede di New York, sembra impantanato in regole di funzionamento vecchio e obsolete, che a volte non consente alla massima organizzazione mondiale di intervenire efficacemente in molte delle crisi che si stanno vivendo.
Dopo 75 anni rivedere gli equilibri interni
In questa 75^ Assemblea Generale, alla quale, secondo quanto riferito ai giornalisti dal direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, parteciperà con un videomessaggio Papa Francesco e terrà un intervento il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, necessariamente dovranno essere messe sul tavolo questioni organizzative, per consentire all’Onu di confermarsi ancora oggi il massimo promotore della pace nel mondo. Secondo Raffaele Marchetti, docente di Diritto Internazionale all’Università Luiss, gli obiettivi che l’Onu si è posto 75 anni fa sono validi ancor oggi, ma forse bisogna operare delle riforme e garantire una maggiore rappresentatività ai Paesi membri, un obiettivo che passa per forza di cose attraverso un affievolimento del potere delle cinque ‘grandi potenze’, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.
R. – L’esigenza dell'epoca era ricostruire la società internazionale distrutta dai due conflitti mondiali. Era un’esigenza di stabilità, era la voglia di una ricerca della pace, come dice il preambolo stesso della Carta delle Nazioni Unite e anche la necessità di costruire un nuovo ordine, che si sarebbe poi consolidato sulla situazione bipolare tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.
Sono intenti validi ancora oggi, 75 anni dopo?
R. – I principi, sono ancora validi. Certo, le Nazioni Unite hanno avuto una storia travagliata e per molti anni sono state in qualche modo congelate dalla ‘guerra fredda’. Poi hanno avuto un periodo di grande vitalità negli anni ’90, sotto la guida incontrastata americana, ma oggi sono entrate in una fase crisi. L’Onu ha però contribuito, direi in maniera decisiva, alla diffusione di una cultura globale della legalità e dei diritti umani, che, anche se non trova pieno rispetto, è però diventata un punto di riferimento decisivo. E questo non tanto ad opera delle Nazioni Unite come organo centrale, ma anche delle sue molte agenzie.
Molti criticano l'Onu per non essere intervenuta nelle crisi attuali, come invece è successo in passato…
R. – Di fatto, il funzionamento dell'Onu dipende dall'accordo delle grandi potenze. Non dimentichiamoci che, come tutte le organizzazioni internazionali, dipendono dei suoi azionisti maggioritari, che sono poi le cinque potenze con potere di veto e seggio permanente al Consiglio di Sicurezza. La struttura negli anni ‘90 ha funzionato bene, perché gli Stati Uniti avevano una leadership incontrastata, oggi è di nuovo entrata in fase di stallo, perché la tensione, con la Russia prima e con la Cina dopo, si sta facendo sempre più forte e inevitabilmente ci dovremmo aspettare una serie di stalli e freni reciproci, che aumenteranno con l'aumentare della tensione tra gli Stati Uniti e la Cina per la ripolarizzazione del sistema internazionale. Questo è un qualcosa che, ahimè, dobbiamo mettere in conto, perché le Nazioni Unite in qualche modo riflettono l'equilibrio nel sistema internazionale, nel quale, laddove sia tutto sommato stabile e coeso, le Nazioni riescono a lavorare, ma dove il sistema internazionale è diviso, frammentato e in tensione entrano in stallo.
Fatto salvo l'intento di garantire la pace nel mondo, se dovessimo pensare ad una riforma dell'Onu, casomai partendo proprio dal Consiglio di Sicurezza, che cosa si potrebbe proporre?
R. – Ci sono due ordini di riforme per le Nazioni Unite. Una riforma più minimalista, sebbene di portata notevole, riguarda la presenza dei Paesi nell'organismo massimo, che è quello del Consiglio di Sicurezza. Si potrebbe aumentare il numero degli attori che hanno possibilità di parteciparvi. Poi si potrebbe limitare la possibilità dell'uso del diritto di veto in alcune questioni o addirittura si potrebbe pensare anche, ma questa sarebbe una scelta molto radicale, di abolire il diritto di veto dei cinque membri permanenti che, ricordiamo, sono anche le cinque più grandi potenze militari. Quindi c'è in qualche modo che una sovrapposizione ‘de iure et de facto’ della leadership internazionale. C’è poi un’altra riforma, che è forse più visionaria, ma che io penso debba rimanere nel dibattito pubblico, che è la riforma in senso democratico delle Nazioni Unite. Per dirla in modo semplice, non c'è motivo per non pensare e auspicare che un giorno ci sia una riforma che preveda, ad esempio, un’assemblea generale elettiva. E allora, così come noi leggiamo i nostri rappresentanti al comune, alle regioni, al parlamento Nazionale e al Parlamento Europeo, forse in futuro potremmo anche arrivare ad eleggere i nostri rappresentanti in un’assemblea di livello mondiale, Questa naturalmente sarebbe una svolta radicale nel sistema delle Nazioni Unite, una rivoluzione, ma che darebbe coerenza al nostro sistema e nostri ideali democratici, applicandoli anche a livello massimo e istituzionale, che è quello mondiale.
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