Algeria: il Covid-19 non ferma le proteste contro il referendum
Michele Raviart - Città del Vaticano
In Algeria centinaia di persone sono scese in piazza in questi giorni nella capitale Algeri e nella regione di Cabilia per ricordare le proteste popolari del 5 ottobre 1988 contro il rischio di una virata dittatoriale e opporsi al referendum costituzionale previsto per il 1° novembre. Le manifestazioni sono state promosse dal movimento Hirak, nato nel febbraio 2019, che aveva sospeso ogni evento pubblico a metà marzo dello scorso anno a causa del coronavirus.
Oltre venti gli arresti
Sebbene le manifestazioni siano ancora vietate per contenere la diffusione del virus, circa 500 persone hanno cercato di raggiungere il centro della capitale e sono state fermate dalle forze dell’ordine, che hanno bloccato le strade di accesso alla città e sgombrato gli attivisti. Secondo il Comitato nazionale per la liberazione dei detenuti gli arresti sono stati almeno venti e hanno riguardato principalmente studenti. Diciotto di loro saranno processati il prossimo 14 ottobre. Tra le accuse turbamento dell’ordine pubblico e, in un caso, attentato alla persona del presidente della Repubblica.
In ricordo del 1988
Nel Nord-Est del Paese una corona di fiori è stata depositata davanti alla stele che ricorda le vittime del 1988 – 159 secondo i dati ufficiali e più di 500 per i le associazioni dei diritti umani -, quando le proteste per un Paese più democratico furono represse dalle forze dell’ordine, creando le condizioni per la guerra civile e, in seguito, per l’arrivo al potere del presidente Abdelaziz Bouteflika, che proprio nel febbraio 2019 rinunciò alla quinta candidatura alla presidenza a causa delle proteste di piazza.
La crisi economica
“Le manifestazioni che sono avvenute negli ultimi giorni rispecchiano la varietà di anime all'interno del movimento di protesta, che si è sviluppato a partire dalla primavera del 2019”, spiega a Vatican News Federico Borsari, analista dell’Ispi per il Medio Oriente e Nord Africa. “Se inizialmente le proteste erano molto centrate sulla questione del sistema politico, sull'uscita di scena di Bouteflika, e su una classe politica percepita come corrotta e non più in grado di gestire la crisi economica che sta colpendo il Paese, attualmente i motivi che hanno spinto alle proteste di questi giorni riguardano soprattutto l'ambito locale e le questioni della crisi economica, della mancanza di opportunità, della disoccupazione, soprattutto tra i giovani”.
L'opposizione al referendum
In un contesto in cui i divieti di assembramento anti-Covid sono percepiti come una limitazione alla mobilitazione politica, i manifestanti criticano il nuovo presidente Abdelmadjij Tebboune per il referendum di revisione costituzionale, promesso lo scorso dicembre proprio in risposta ai movimenti di protesta. Un provvedimento contestato, perché considerato, spiega ancora Borsari, “semplicemente come una strategia per soddisfare parte delle richieste della protesta, ma allo stesso tempo necessaria per mantenere il controllo del sistema politico e lo status quo”. Una riforma, quindi, che “mantiene la struttura di potere sostanzialmente intatta”. “Il controllo dell’economia e delle risorse e anche il modo in cui queste vengono prodotte rimane sostanzialmente lo stesso”, sottolinea l’analista dell’Ispi. “Il governo ha proposto modifiche alla costituzione, limitando a due mandati la carica di presidente e di vicepresidente, che viene introdotta per la prima volta con l'intenzione di dare una sorta di bilanciamento anche allla massima carica del Paese. Altri aspetti interessanti sono una serie di nuove aggiunte riguardo i diritti sulla libertà di stampa e i diritti delle donne, che vengono rafforzati. Allo stesso tempo però, come molti leader e attivisti delle proteste hanno sottolineato, negli ultimi mesi le autorità hanno arrestato diversi giornalisti e diversi attivisti spesso con accuse molto vaghe. Alcuni non hanno nemmeno avuto un giusto processo, perchè a causa del coronavirus tutte le procedure penali e i processi dovevano essere sospesi per non mettere in crisi la pubblica sicurezza. Quindi per molti attivisti le modifiche sono simboliche, nonostante il presidente abbia sottolineato come l’Algeria stia cambiando e rispecchi la fisionomia di uno Stato democratico"
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