Belarus: continua lo sciopero generale contro Lukashenko
Michele Raviart - Città del Vaticano
Secondo giorno di sciopero nazionale in Belarus, indetto dalla leader dell’opposizione in esilio Svetlana Tikhanovskaya, per chiedere le dimissioni del presidente Aleksandr Lukashenko, considerato illegittimo dopo le elezioni dello scorso 9 agosto, che lo avevano rieletto tra le polemiche per un sesto mandato con un voto plebiscitario.
Le proteste di commercianti, operai e studenti
Operai, piccoli commercianti, pensionati e soprattutto studenti sono scesi in piazza, lasciando i negozi chiusi e disertando le lezioni. Più incerta l’adesione delle fabbriche, in un Paese in cui il 70% dell’economia è in mano allo Stato. Alcuni stabilimenti hanno lavorato regolarmente, mentre osservatori indipendenti riferiscono la presenza di forze di polizia davanti all’ingresso di alcune fabbriche, con intimidazioni ed arresti. Le stesse autorità hanno dichiarato che lo sciopero non ha avuto seguito e che tutte le società hanno lavorato come al solito
Una forte battaglia mediatica
“È evidente che questo è uno sciopero che viene raccontato dall’opposizione in un modo e dal governo in un altro”, spiega il giornalista Giuseppe D’amato, esperto di Europa dell’est. “Da una parte”, spiega, “c’è il tentativo di dimostrare che la gente è stanca e che vuole un cambiamento, con le opposizioni, soprattutto Svetlana Tikhanovskaya, che vogliono dare una spallata definitiva al presidente Lukashenko. Dall’altra parte, invece, si vuole dimostrare che la situazione è ancora sotto controllo. In televisione ad esempio si continua a mostrare i successi industriali e del raccolto. C’è una battaglia mediatica fortissima”.
La denuncia dell'Onu
Dura è la repressione delle autorità. Secondo la ong Viasna, infatti, sono almeno 240 le persone arrestate ieri, alle quali si aggiungono i 500 fermi effettuati domenica scorsa, in quello che da oltre due mesi è il giorno in cui si concentrano maggiormente le manifestazioni contro il presidente. Una situazione che ha allarmato anche le Nazioni Unite, con Anais Marin, incaricata dall’Onu per vigilare sul rispetto dei diritti umani in Bielorussia che ha chiesto al governo “di fermare la repressione contro il suo popolo”. Almeno 20 mila, riferisce Marin, sarebbero le persone che sono state arrestate ad agosto e settembre, con centinaia di episodi di violenza e di tortura".
Uno stallo che potrebbe durare a lungo
“La situazione potrà andare per le lunghe”, sottolinea ancora D’Amato. “Quando si parla con interlocutori bielorussi si ha la sensazione che le opposizioni siano molto decise, come lo sono dall’altra parte le forze vicine al governo e c’è sempre il rischio che la situazione possa sfuggire di mano”.
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