Bolivia: Chiesa, Onu, Ue chiedono responsabilità per un voto pacifico
Michele Raviart - Città del Vaticano
Con la rinuncia, sancita dal Tribunale supremo elettorale, da parte di tre coalizioni e dei rispettivi candidati, si riduce a cinque il numero dei possibili futuri presidenti della Bolivia alle elezioni previste per domenica. Tra di loro non ci sarà Jeanine Añez, presidente ad interim del Paese dopo l’annullamento per presunti brogli delle elezioni dell’ottobre del 2019 e il seguente esilio di Evo Morales.
Sette milioni al voto
In questo clima di scontri, tensioni sociali ed economiche, aggravate dalla pandemia di Covid-19, ad essere i favoriti dagli oltre sette milioni di elettori boliviani, sarebbero Luis Arce del Movimento al socialismo, che si considera il partito più penalizzato dai fatti dell’anno scorso, l’ex-presidente Carlos Mesa e Luis Fernando Camacho, tra i maggiori critici di Morales.
Il timore delle violenze
Quello che si teme, tuttavia, è uno scoppio delle violenze al momento del voto. Lo stesso ministro degli interni Arturo Murillo, sebbene abbia sostenuto che le elezioni “saranno una festa democratica” invitando come osservatori internazionali autorità europee e sudamericane, ha avvertito e minacciato “gli agitatori e la gente che cerca di generare violenza.
L'appello della Chiesa e delle istituzioni internazionali
In questo contesto, dopo un primo appello risalente alla prima settimana d’ottobre, la Conferenza episcopale boliviana insieme alle Nazioni Unite e all’Unione Europea, ha ribadito due giorni fa come sia fondamentale “che tutti gli attori del processo politico-elettorale contribuiscano in modo responsabile allo svolgimento di elezioni pacifiche” e favoriscano “la realizzazione di un processo elettorale di successo in cui prevalga la tranquillità e la sicurezza della popolazione, in un clima di sottomissione alla legge e al rispetto dei diritti umani”.
L'importanza di risultati tempestivi
Viene in particolare rilanciato l’appello ad evitare violenze durante e dopo il voto, e rafforzato il sostegno agli uffici nazionali e locali del Tribunale elettorale, incaricati di organizzare e monitorare le elezioni. In particolare attraverso la trasmissione tempestiva dei risultati preliminari – il ritardo nel conteggio dei voti era stata nel 2019 la scintilla che fece scoppiare le proteste – l’obiettivo vuole essere quello di “mantenere i cittadini e gli attori politici informati in modo permanente e tempestivo, e di incoraggiare tutti i protagonisti ad attendere con calma e serenità i risultati ufficiali del conteggio.
I laici invitano all'unità
“Esortiamo tutti i nostri fratelli e i cittadini boliviani, al di là della loro posizioni politiche o partigiane,al rispetto e all’unità”, ha raccomandato il Consiglio dei laici in una dichiarazione, che ribadisce di “respingere tutti quegli atti di intolleranza e di violenza che si verificano tra i cittadini nelle campagne presidenziali”.
I rischi di strumentalizzazione
“Attenti alla strumentalizzazione che gli schieramenti politici fanno dei bisogni profondi del popolo”, mascherando i loro interessi per “arricchirsi illegalmente, manipolare la giustizia in proprio favore, imporre ideologie, avvalersi del narcotraffico e incoraggiare l’estrazione e la vendita di materie prime per Paesi terzi”, è invece l’avvertimento lanciato dalla Pastorale sociale – Caritas della Bolivia. Al contrario, spiega la PasCar, la politica deve avere come obiettivo primario “la difesa dei deboli e la giustizia per il popolo”.
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