Libia: oggi all'Onu un futuro tutto da scrivere
Marina Tomarro - Città del Vaticano
Dopo l’annuncio delle dimissioni entro fine ottobre di Fayez al Serraj, presidente del governo di accordo nazionale riconosciuto dall’Onu, per lasciare in mano ad un nuovo esecutivo la transizione politica, oggi le Nazioni Unite si riuniranno in un vertice on line per discutere sulla spinosa questione della Libia. All'incontro partecipano il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, i ministri degli Esteri e rappresentanti delle parti in conflitto in Libia. Saranno presenti anche i membri di vari Paesi tra cui: la Germania, gli Stati Uniti, l'Italia, la Gran Bretagna, la Francia, la Cina, e la Turchia.
Calma apparente, ma ostilità ancora aperte
“L'obiettivo principale – spiega Lorenzo Marinone, analista del Cesi esperto dell'area - è riuscire a ottenere quello che purtroppo non si era riusciti a raggiungere con la conferenza di Berlino dello scorso gennaio, cioè un vero cessate il fuoco, che non si risolva semplicemente facendo tacere le armi, ma un con accordo sul quale poi si possa costruire un vero trattato di pace, una normalizzazione delle situazioni. Bisogna quindi definire una zona di demarcazione fra gli schieramenti, accordarsi sui particolari tecnici, cioè chi può stare vicino al fronte a controllare che non ci siano problemi e che meccanismi usiamo nel momento in cui ci fossero, per evitare problematiche che si trasformino in un'escalation di nuovo di guerra aperta. Questi sembrano dettagli tecnici, ma sono essenziali per riuscire a costruire tutti i passaggi diplomatici successivi.
Qual è attualmente la situazione in Libia e soprattutto perché se ne parla così poco in questo momento?
R - La situazione sembra congelata, se noi la guardiamo dal punto di vista militare della guerra. Ma non è assolutamente così, perché gli schieramenti continuano a essere molto vicini e continuano a fare arrivare i rifornimenti al fronte. Quindi si preparano ad una ripresa delle ostilità e poi il Paese non è stabile, c'è rischio di altri conflitti, perché sia da ovest che da est stanno venendo fuori tutti quei nodi che erano già presenti in precedenza, ma in fase di stallo per via del grande conflitto. Quindi abbiamo avuto degli scontri a fuoco, abbiamo delle lotte di potere molto forte, ad esempio all'interno del governo di Tripoli, ma abbiamo anche delle proteste popolari in Cirenaica, nell'est del Paese, a Bengasi e non solo. Tutti questi elementi possono contribuire a far di nuovo ripartire le ostilità, perché il conflitto è la più facile soluzione ai problemi interni, una soluzione temporanea certo, ma che permette di far spostare l'attenzione e di identificare di nuovo un nemico esterno contro cui combattere.
Quali potrebbero essere a questo punto le prospettive future secondo lei?
R - Siamo in una fase estremamente critica del conflitto libico, perché la diplomazia sta cercando di fare un lavoro di equilibri e, con l'incontro di oggi, l'Unione Europea, cercherà assolutamente di accelerare questo processo. Ci sono però tanti altri processi paralleli in gioco e, ovviamente, c'è anche un processo portato avanti dall'Onu, che però in questo momento è bloccato. Infatti la missione Onu in Libia in questo momento non ha un inviato speciale da diversi mesi. La proposta su cui si era riusciti a trovare un po' di consenso nelle ultime settimane è stata messa da parte dagli Stati africani, che chiedono a gran voce che ci sia un loro diplomatico a guidare la missione. Quindi di fatto ci sono tanti esperimenti, manca però una regia unica e forte e questo è un fattore di debolezza, che potrebbe anche far naufragare tutto quanto.
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