L'Ue al bivio per Brexit e Recovery Fund
Fausta Speranza - Città del Vaticano
Non c'è ancora un accordo sulle future relazioni tra l'Ue e il Regno Unito che potrebbe entrare in vigore a fine anno a conclusione della fase di transizione della Brexit. Resta l'ipotesi, dunque, di no deal, che in realtà non converrebbe a nessuno, come sottolinea l'economista Paolo Guerrieri, docente presso il College of Europe di Bruges, la Paris School of International Affairs, Sciences-Po (Parigi) e la Business School dell’Università di San Diego, California:
Guerrieri spiega che un'uscita definitiva senza accordo, dunque la Brexit no deal, sarebbe costosissima per il Regno Unito, ma anche costosa per l'Ue. L'economista afferma che si potrebbe comunque affrontare e gestire ma dal punto di vista economico e politico non si capisce come non si possa trovare invece un'intesa che limiterebbe alcune perdite. Sarebbe tanto più importante in un momento di crisi come quello che la pandemia ha imposto al mondo e all'Europa. Il premier britannico Johnson nelle scorse settimane ha indicato il 15 ottobre come termine ultimo, ma Guerrieri sottolinea che in realtà il governo britannico a questa trattativa si presenta debole per questioni interne in particolare la gestione della pandemia. Il punto è che potrebbe esserci anche il mese di novembre per proseguire i negoziati. Anche se bisogna ricordare - dice Guerrieri - che c'è molto lavoro da fare sul capitolo delle condizioni per evitare la concorrenza sleale ('level playing field'), e soprattutto nella discussione sulla pesca in considerazione dei nuovi confini territoriali di un Paese che esce dall'ambito Ue.
Ma per i 27 capi di Stato e di governo dell'Ue la due giorni di lavoro è anche cruciale la questione del Recovery Fund. L'accordo raggiunto a luglio aspetta di essere ratificato dal Consiglio, per poi passare al voto anche dei singoli Stati nazionali.
In questo ambito Guerrieri sottolinea l'urgenza di trovare un compromesso perché - dice- se non c'è il via libera da questa sessione, il piano di aiuti non potrà essere spendibile dai vari Paesi interessati, tra cui Italia e Spagna tra i primi, nei bilanci del 2021. E questo viste le ripercussioni negative della pandemia e delle nuove ondate di contagi potrebbe davvero essere un problema. Il punto è - spiega Guerrieri - che il Parlamento europeo ha fermato tutto quando si è reso conto che nel bilancio stanziato mancavano 16 miliardi previsti per 15 capitoli di spesa, tra cui i programmi per la digitalizzazione, il lavoro e il sociale. Il pacchetto completo del cosiddetto Piano Marshall europeo è di 1800 miliardi di euro se si considerano anche le risorse del prossimo badget oltre ai 750 miliardi del cosiddetto Recovery Fund. E' propio di alcuni capitoli di spesa del badget che discute l'assemblea parlamentare. Guerrieri chiarisce che il rischio che le risorse pensate per risollevare le economie dei Paesi membri travolti dall’emergenza coronavirus possano slittare è più che una ipotesi ma da scongiurare. Al centro della discussione, anche l'attuale situazione epidemiologica. Si discuterà inoltre del coordinamento generale e dei lavori sullo sviluppo e sulla distribuzione di un vaccino a livello dell'Ue.
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