Usa 2020, come si vota nel Paese
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Ancora pochi giorni di campagna elettorale negli Stati Uniti per il presidente Donald Trump, candidato a un secondo mandato per i repubblicani, e per lo sfidante Joe Biden, che corre per il Partito democratico. Se 60 milioni di cittadini hanno già espresso la propria preferenza con l’early voting, sarà il 3 novembre il giorno in cui la restante parte degli elettori si recherà alle urne per decretare chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca. “Le analisi di opinione pubblica sono abbastanza concordi – dice a Vatican News Tiziano Bonazzi, professore emerito di Storia e Politica statunitense all’Università di Bologna - e danno un vantaggio di Biden su Trump di circa otto punti. Però sappiamo che questi dati di carattere nazionale vogliono dire poco, perché l’elezione presidenziale negli Stati Uniti si decide in una decina di Stati, in quanto si sa in anticipo se la maggioranza dei 50 stati degli Stati Uniti voterà repubblicano oppure democratico e anche nella maggioranza di questi Biden sembra in vantaggio.
Il sistema elettorale statunitense
Il cittadino americano che si reca alle urne non vota direttamente per il candidato democratico o repubblicano alla presidenza, ma vota per un grande elettore. Ogni partito propone in ogni singolo Stato una lista di grandi elettorali pari al numero di voti elettorali che quello Stato ha. Saranno, poi, i grandi elettori a eleggere il presidente. Il professor Bonazzi ci aiuta a capire come funziona il metodo elettorale negli Usa, come fissato nella costituzione del 1787: “Gli Stati Uniti, sono uno stato federale e quindi gli Stati hanno una forte autonomia e l’elezione non è di carattere nazionale, né di carattere diretto. Si vota Stato per Stato e il sistema elettorale a tutti i livelli è sempre stato un sistema maggioritario assoluto. Cioè, chi vince un voto in più prende tutta la fetta e i cosiddetti voti elettorali sono distribuiti fra gli Stati”. Riguardo al comportamento dei grandi elettori, Bonazzi sottolinea inoltre: “Mentre nell’800 i grandi elettori non erano obbligati a votare per il candidato del partito a cui erano legati – infatti ci sono stati casi in cui gli elettori di un partito sono stati eletti per quel partito e poi hanno votato per il candidato opposto, oggi questo non si può più fare”.
Chi ha diritto di voto
La costituzione statunitense garantisce diritto di voto tutti i cittadini statunitensi maggiorenni, ovunque essi si trovino. Gli americani all’estero possono richiedere e ricevere una scheda elettorale via posta e rimandarla all'ufficio elettorale. “Poi, certo, ci sono dei problemi – aggiunge il professore emerito dell’Università di Bologna -, ad esempio negli Stati Uniti, non è detto che un condannato che abbia scontato il suo periodo di prigione, di uno, due o dieci anni, abbia diritto di voto, perché, e anche questo riguarda il federalismo, le leggi relative al voto sono fissate non a livello nazionale, ma dai singoli Stati e ci sono Stati che ancora ritengono che chi ha scontato la propria pena non abbia diritto di rientrare integralmente nei suoi diritti di cittadino, ma deve ancora superare altri step, per cui effettivamente migliaia di ex condannati americani non possono votare”.
I luoghi dell’early voting
Oltre al voto espresso nel giorno dell’elezione, gli statunitensi possono ricorrere al voto anticipato per corrispondenza o in presenza in luoghi che non sono vere e proprie sezioni elettorali, bensì luoghi determinati dai legislativi statali sulla base degli interessi della maggioranza, sicuramente ce ne deve essere uno per Contea. “Insomma – conclude il professore - è un sistema estremamente complesso. Tutto è complesso negli Stati Uniti, ed è una conseguenza dell'estremo individualismo, di questa estrema volontà di libertà degli americani che vogliono fare tutto e politicizzano tutto”.
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