Usura: il dramma delle aziende e delle famiglie
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
C’è un rischio molto elevato al Sud, nel mirino degli usurai ci sono circa 40mila imprese del comparto turistico-ricettivo, fiaccate da una perdita del volume di affari pari al 37,5%. A pesare, secondo un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio, anche la mancanza di liquidità e le difficoltà di accesso al credito per il 36,9% dei casi, per il 13,5% i problemi sono nati per l’adeguamento alle norme sanitarie, altro 12% per gli adempimenti burocratici. Difficoltà che rendono il sistema imprenditoriale sempre più fragile tanto che negli ultimi sei mesi è aumentato il numero di chi ha chiesto un prestito a soggetti fuori dai canali ufficiali (14% contro 10%).
Don Ambarus: gli usurai fanno “shopping” in tempo di crisi
“Il fenomeno è molto più grave”: sottolinea don Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma e consigliere della Consulta Nazionale Antiusura che ieri ha aperto la propria Assemblea sul tema: “Scenari e responsabilità sociali, economiche e finanziarie dopo l'emergenza sanitaria: quali rischi e opportunità per la cura del bene comune”.
Stamani la nomina del nuovo presidente: Luciano Gualzetti, nato a Lecco 59 anni fa, già presidente della Fondazione antiusura San Bernardino di Milano. "Siamo immersi in cambiamenti epocali - ha detto dopo la nomina - che richiedono di rilanciare l’immenso patrimonio competente ed efficace, costruito da chi mi ha preceduto in questi lunghi anni, per contrastare l’usura e restituire le persone e le famiglie all’economia legale".
A seguire un convegno con i contributi del prof. Stefano Zamagni su “Economia, Finanza e Fraternità: percorsi possibili nei nuovi scenari post Covid-19” e del prof. Maurizio Fiasco su “Famiglie e imprese vulnerabili: nuovi profili di fragilità e strategie di supporto nell’attuale contesto socio-finanziario”.
R. - Possiamo dire che il fenomeno è molto più grave di quello che emerge anche da quest'ultima ricerca. Il malaffare è uscito a fare shopping e lo sta facendo, come dire, “a man bassa” perché basta guardare sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico le domande fatte per finanziamenti fino a 30mila euro, ci sono quasi un milione di richieste. Questo ci dice che molte persone, molte famiglie vivono in grossa difficoltà. Si è ridotta tantissimo la differenza tra un'impresa e la famiglia perché dietro le imprese ci sono le persone in crisi a causa di questa pandemia sociale. Esiste uno shopping dell’illecito che è spietato, sfrenato.
Partendo anche da questi dati e comunque dall'emergenza che è emersa in questo tempo di pandemia, si apre l'Assemblea della Consulta Nazionale Antiusura Giovanni Paolo II su un tema che richiama i rischi ma anche le opportunità per la cura del bene comune. Quali allora le opportunità di fronte a un rischio così grande ed elevato come quello che stiamo vivendo?
R. – Urge fare qualcosa tutti quanti, con umiltà, perché non c'è una soluzione. Non è possibile immaginare che siano le forze dell'ordine a risolvere la questione così come non è possibile immaginare che sia semplicemente il sistema di credito a risolvere la situazione, bisogna che ci sediamo tutti al tavolo: le forze dell'ordine, il sistema bancario, le fondazioni antiusura e tutte le parti sociali per elaborare insieme una strategia. Bisogna considerare che dietro una singola impresa c'è un dramma di più famiglie ed è impensabile sostenere che solo con i fondi questo si possa risolvere. Qui bisogna che troviamo tutti una soluzione insieme. Se ognuno di noi ha una visione personale, dal proprio punto di vista, solo mettendola insieme riusciremo a vedere la verità in maniera poliedrica. Come dice il Papa nella Evangelii Gaudium perché la verità va vista da tutte le angolature e studiate insieme le soluzioni.
Lei ha posto un particolare accento sulla famiglia. Proprio di famiglia e di imprese vulnerabili si parla nel convegno che segue alla vostra Assemblea. Quali sono questi nuovi profili di fragilità e quali le strategie di supporto?
R. – Quello che stiamo vedendo sono tante persone che hanno fatto dei piccoli investimenti, anche per le piccole imprese, e che con il Covid hanno visto fermare tutto. Poi vediamo le famiglie e se l'anno scorso nel rapporto della Caritas diocesana di Roma, avevamo parlato degli “equilibristi della povertà” quello che vediamo oggi è che il sistema famiglia è fortemente indebolito, non si riesce più ad arrivare a fine mese, è il cosiddetto fenomeno della terza settimana in cui finisce il reddito. Siamo a corto di benzina. Vediamo un impoverimento strutturale delle famiglie che non riescono più a far fronte nemmeno alle spese assolutamente necessarie per la quotidianità.
Nell’analisi della Confcommercio emerge la fiducia delle persone nelle forze dell'ordine ma anche un grande senso di solitudine e di vergogna nel momento in cui si ricorre all'usura. Questo, da pastore, che riflessione le suscita?
R. – Io capisco che quando una persona è in un particolare bisogno e chiede aiuto se non trova subito una risposta immediata dalla persona o dall’istituzione a cui ha chiesto, si sente abbandonata. Questa è una sfida enorme perché ci sono enormi aspettative da parte di chi vive un dramma, ma ci sono a volte anche difficoltà pure da parte delle istituzioni statali o ecclesiali a dare risposte immediate. A volte, per esempio come Fondazione della Salus Populi Romani di cui sono presidente, ci troviamo nella situazione di dire ad una famiglia che non possiamo garantire un prestito. Così si sente abbandonata da noi. Vogliamo comunque abitare il dramma di queste persone, però mi rendo conto che spesso si va in corto circuito con l'esigenza di risposte immediate e la fatica di dare una concreta e rapida risposta.
(Ultimo aggiornamento 10 ottobre, h. 15.23)
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