Serve dialogo vero: l’appello dei vescovi in Costa d’Avorio
Fausta Speranza - Città del Vaticano
I vescovi della Costa d’Avorio rilanciano l’appello rivolto da giorni al presidente Alassane Ouattara e al suo principale rivale Henri Konan Bédié, leader del Partito Democratico della Costa d’Avorio (Pdci), “a continuare e intensificare su basi chiare il dialogo da loro stessi avviato l’11 novembre. L’obiettivo è risolvere la crisi seguita alle elezioni del 31 ottobre. Solo il 10 per cento degli aventi diritto al voto si è recato alle urne. Gran parte della popolazione ha scelto la disobbedienza civile indicata dai partiti politici dell’opposizione. A inizio novembre i vari partiti dell’opposizione alleati tra loro hanno annunciato la creazione di un governo di transizione CNT (Conseil National de Transition) con a capo HenriKonan Bedié.
La voce dei vescovi
Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale (Cecci) ha espresso l'auspicio che il dialogo avviato dai contendenti “tenga conto della liberazione di tutti i prigionieri politici al fine di favorire il rapido ritorno di tutti gli esiliati, compreso il presidente Laurent Gbagbo, affinché prendano il loro pieno posto nel processo di riconciliazione in atto nel Paese". E’ quanto si legge nel messaggio pubblicato il 20 novembre e intitolato “Promuovere la pace attraverso il rispetto della legge e delle libertà”. I presuli raccomandano “vivamente” che tale dialogo “tenga conto della promozione dei diritti e delle libertà individuali, della giustizia imparziale e della cultura dell'incontro”. Sottolineano: “Non possiamo mai ripeterlo abbastanza: non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono”. Il messaggio condanna con fermezza i disordini post-elettorali: "È davvero pericoloso credere che i problemi politici non possano essere risolti con lo strumento della ragione, vale a dire, con colloqui basati sulla verità, la legge, giustizia ed equità, ma solo con la forza che semina terrore e omicidi". I vescovi concludono chiedendo l’intercessione della Vergine Maria, Regina della pace perché “protegga la Costa d’Avorio” e “converta i cuori di tutti gli ivoriani all’amore, al perdono, alla giustizia e alla riconciliazione”.
Un voto e un risultato contestati
La situazione nel Paese resta tesa dopo che la Corte costituzionale ha annunciato la vittoria di Ouattara, con il 94 per cento dei voti. Una vittoria contestata dall’opposizione secondo la quale questo terzo mandato sarebbe incostituzionale. Almeno 16 persone sono morte nelle violenze che sono seguite alla consultazione, mentre 8.000 ivoriani si sono rifugiati nei Paesi vicini.
Proteste già dall’annuncio di agosto
È dal 6 agosto 2020 che la Costa d’Avorio vive una situazione di grave crisi politica: in quella data il presidente uscente ha annunciato la sua candidatura per un terzo mandato
alle elezioni che si sono poi tenute il 31 ottobre 2020. Si è trattato di una decisione in violazione della Costituzione approvata con il referendum del 2016.
Le associazioni della società civile hanno chiamato la popolazione ad opporsi chiedendo di manifestare così come prevede la carta costituzionale nell’art. 25. Le manifestazioni sono state represse e vi sono stati diversi arresti di membri delle associazioni nonché di membri di partiti politici dell’opposizione.
Gli ivoriani all’estero
La diaspora ivoriana nel mondo ha manifestato con forza contro il terzo mandato incostituzionale. In Italia, gli ivoriani nei loro numerosi raduni hanno protestato contro la radiazione dei nomi di esponenti dell’opposizione dalla lista elettorale, tra i nomi spiccano
quelli dell’ex presidente ivoriano Laurent Gbago, assolto dalla Corte Penale
Internazionale dell’Aia, di Charles Blé Goudeex ministro e di Guillaume Soro ex
presidente dell’Assemblea. La protesta contro la Commissione elettorale Indipendente ha messo in luce i brogli in atto chiedendo una verifica internazionale della lista elettorale visto le diverse anomalie scoperte dai vari partiti.
Il dramma delle violenze all’arma bianca
Si parla di delinquenti noti come i “microbes” o “bambini di strada”,
che terrorizzano, aggrediscono ed uccidono con armi bianche durante le
pacifiche proteste. Si contano ad oggi più di un centinaio di manifestanti uccisi negli attacchi perpetrati nelle città di Bonoua, di Bongouanou. A Dabou, a cinquanta chilometri da Abidjan, secondo informazioni fornite dalle opposizioni, dopo due giorni di attacchi simili per le strade, senza l’intervento delle forze di sicurezza, le popolazioni locali hanno dovuto organizzarsi per difendersi, affrontando anche miliziani ritenuti al soldo di Ouattara. Continuano anche gli attacchi alle popolazioni nelle zone favorevoli all’opposizione con il saccheggio di case, incendi e numerose vittime rinvenute nelle loro abitazioni incendiate. Sono state, inoltre, attaccate e distrutte le abitazioni di alcuni
oppositori politici.
Le nuove tensioni nel Paese africano hanno riacceso i timori del ripetersi di quanto accaduto dopo le contestate elezioni del 2010, quando si scatenò la breve guerra civile conclusasi con la cattura nel 2011 del presidente uscente Laurent Gbagbo e la conferma di Ouattara quale capo dello Stato.
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