Etiopia, assalti armati e uccisioni nella regione del Tigray
Anna Poce - Città del Vaticano
“La Christian Solidarity Worldwide (CSW) è profondamente preoccupata per il conflitto nella regione del Tigray, che ha un impatto sproporzionato sui civili e aumenta la vulnerabilità dei rifugiati eritrei nella regione. Le continue segnalazioni di violazioni che possono costituire crimini atroci richiedono un'immediata risposta internazionale". Lo ha dichiarato, in un comunicato pubblicato sulla pagina web della CSW, il presidente fondatore dell’organizzazione cristiana impegnata nella difesa dei diritti umani e della libertà religiosa, Mervyn Thomas.
Le violenze sui civili
Il conflitto è iniziato il 4 novembre, quando il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha ordinato un'offensiva militare contro le forze del Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tigray Peoples' Liberation Front - TPLF) in risposta a un attacco a una base dell'esercito federale che le autorità del Tigray hanno definito preventivo. Nonostante le autorità etiopi affermino che le loro forze hanno preso di mira solo la leadership, nel corso del conflitto sono state denunciate gravi violazioni, tra cui stupri, esecuzioni extragiudiziali e bombardamenti indiscriminati su case, chiese, moschee, scuole e altre strutture civili. La CSW, nel suo comunicato, riporta inquietanti notizie di sparatorie da casa a casa nella città di Zalambesa, che avrebbero portato all'esecuzione extragiudiziale di oltre 50 persone.
L'ultimatum del del premier Abiy Ahme
Il governo etiope ha lanciato un ultimatum di 72 ore per chiedere alle forze del Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tplf) di arrendersi o di affrontare un assalto a tutto campo alla capitale regionale di Mekelle con carri armati, droni e artiglieria.
La direttrice dell'organizzazione non governativa Human Rights Concern- Eritrea (HRCE), Elsa Chyrum, ha confermato alla CSW la presenza di un migliaio di truppe eritree, tra cui coscritti, fanteria e divisioni corazzate meccanizzate nel Tigray dall'inizio delle ostilità. Le truppe hanno combattuto su tutti e tre i fronti di guerra e, di conseguenza, hanno subito perdite molto pesanti.
La situazione dei rifugiati
La presenza delle truppe eritree ha aumentato le preoccupazioni per il benessere dei rifugiati eritrei, che sono ospitati in quattro campi situtati lungo il confine eritreo. Molti sono minori non accompagnati. L'ufficio locale dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) non può accedere a questi campi a causa dei combattimenti. Le razioni mensili di cibo stanno finendo e non si può più accedere alle cure mediche. Il 20 novembre l'UNHCR ha rilasciato una dichiarazione in cui ha espresso la sua crescente preoccupazione per "la sicurezza di tutti i civili del Tigray, compresi i 100.000 rifugiati eritrei che si trovano in quattro campi". Il numero di persone fuggite dal Tigray per il Sudan orientale ha superato le 33mila unità, indicando una crisi umanitaria incombente.
Crimini di guerra
“Il governo etiope deve esortare a garantire la protezione dei rifugiati in conformità con il diritto internazionale e adempiere agli obblighi previsti dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e dalla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, nonché dallo Statuto di Roma, che descrive la presa di mira dei civili, anche affamandoli deliberatamente, come un crimine di guerra” ha affermato il presidente della CSW. “Esortiamo il Primo Ministro Abiy Ahmed – ha concluso - ad adottare misure immediate per attenuare il conflitto, garantendo il pieno rispetto del diritto alla vita e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini etiopi, indipendentemente dall'etnia".
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