A rischio il patrimonio artistico e culturale del Nagorno-Karabakh/Artsakh
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
La guerra porta distruzione, in ogni luogo ed in ogni epoca. Il cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh/Artsakh ha messo fine al massacro di uomini nella regione contesa del Caucaso meridionale. Sono oltre 5mila le vittime tra militari e civili. Senza dimenticare il disastro umanitario (migliaia le famiglie sfollate che hanno perso quasi tutto, ed altrettanto numerose sono quelle dei caduti nei combattimenti), lo sguardo va anche al patrimonio artistico e culturale di questo territorio che, come accade in tutte le aree di guerra - si pensi di recente a Siria ed Iraq - è messo a rischio anche quando si pone fine alle ostilità.
L’appello del Consiglio Mondiale delle Chiese
Un forte appello a proteggere i monumenti religiosi e culturali del Nagorno-Karabakh/Artsakh è arrivato questa settimana dal Segretario generale ad interim del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc), il Reverendo Ioan Sauca, in una lettera indirizzata ad Audrey Azoulay, direttore generale dell’Unesco. "La nostra preoccupazione per il patrimonio religioso e culturale della regione, in particolare nelle zone recentemente sotto il controllo dell'Azerbaigian - si legge - è enormemente accresciuta dai ripetuti bombardamenti della cattedrale di Ghazanchetsots a Shushi, avvenuti ad ottobre, e soprattutto dalle numerose segnalazioni che stiamo ricevendo di altre dissacrazioni più recenti", scrive Sauca. Si stima, infatti, che ci siano “circa 4mila monumenti storici, religiosi e culturali nelle zone del Nagorno-Karabakh/Artsakh ora sotto il controllo dell'Azerbaigian, ognuno dei quali ha un potente patrimonio spirituale e culturale da trasmettere" e la cui scomparsa rappresenterebbe “una perdita irreparabile per l'intera umanità”.
L’impegno dell’Unesco
Da parte sua, l’Unesco ha proposto ad Armenia ed Azerbaijan un supporto tecnico per catalogare, innanzitutto, il patrimonio artistico presente sul territorio. Il direttore generale Azoulay ha dunque posto come prima richiesta quella di poter svolgere una missione Unesco preliminare per realizzare un inventario dei beni più significativi, così poi da operare con le parti per una loro protezione e tutela. Nel farlo, Azoulay ha ricordato le disposizioni della Convenzione del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e dei suoi due protocolli, di cui sono parti sia l'Armenia che l'Azerbaigian. Inoltre ha citato due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la 884 del 1993 e la più recente 2347, di tre anni fa, dove si sottolinea, rispettivamente, come "il danno a beni culturali appartenenti a qualsiasi persona, di qualsiasi natura, significa danno al patrimonio culturale di tutta l'umanità" e come “la distruzione, il contrabbando ed il saccheggio di tali beni possano esacerbare i conflitti e minare la sicurezza”.
A rischio le prime manifestazioni dell’arte armena
“Gli armeni sono molto legati al territorio del Nagorno-Krabakh, perché è lì che si sono formate le prime manifestazioni dell’arte e dell’architettura armena e nonostante i numerosi conflitti nel corso del tempo, i monumenti costruiti in quest’area sono ad oggi circa quattromila”. Lo afferma nell’intervista a Vatican News l’architetto Gaianè Casnati, membro del Consiglio Direttivo del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena, un’associazione che si occupa di studiare, valorizzare e promuovere la salvaguardia del patrimonio culturale armeno.
“Tra questi monumenti ci sono moltissimi monasteri e chiese, ma anche - prosegue Casnati - tante fortezze, prevalentemente medievali. Esistono migliaia e migliaia di khachkar, una manifestazione molto particolare dell’arte armena. Si tratta di croci scolpite sulla pietra, finemente decorate e sono simbolo di vita, non di morte, così alla base di questi croci ci sono dei germogli a dimostrare che esse sono un simbolo generativo”. “La paura - spiega l’architetto - è che ora vengano cancellate le iscrizioni armene sui monumenti e distrutte le khackhar e tutte quelle testimonianze, anche minori, della presenza armena sul territorio”.
Il patrimonio è universale
“Purtroppo anche le grandi organizzazioni internazionali possono fare poco, perché - spiega Casnati - nel momento in cui quei territori sono riconosciuti come azeri, la legge internazionale non ha alcun valore, vale quella nazionale perché questo argomento è trattato come interno”. “Quello che può aiutare moltissimo è creare dei gruppi internazionali ed interdisciplinari che si possano recare sul territorio per trovare un accordo se non politico, almeno culturale con gli azeri. Il patrimonio culturale - conclude - è di tutti, è universale, da considerare patrimonio dell’umanità ed importante per tutti, anche se minore”.
La richiesta di supporto all’Italia
Il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena in Italia ha chiesto un tempestivo e deciso intervento dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) per supportare il Ministero dell’Educazione, della Cultura, della Scienza e dello Sport dell’Armenia nella realizzazione delle attività indispensabili per far fronte a quella che, si legge nel documento inviato al direttore dell’AICS, Luca Maestripieri, è ad oggi una “drammatica emergenza”. Ovvero “il grave pericolo che riguarda il ricchissimo patrimonio monumentale presente sul territorio del Karabakh e di alcuni distretti circostanti, che consta di siti archeologici di grandissima rilevanza”, tra cui “centinaia tra chiese e monasteri di età paleocristiana, medievale e moderna, oltre a fortezze e migliaia di monumenti minori, ma di altissimo valore artistico”, comprese “le famose stele in pietra scolpite a bassorilievo con le croci, i noti khatchkar”. Il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena chiede l’aiuto dell’Italia viste “le altissime competenze che gli esperti italiani sanno esprimere nel campo della salvaguardia, della conservazione e della protezione del patrimonio sia in condizione di pace che in caso di conflitto, vandalismo o furto”, così come il supporto costante fornito "negli ultimi vent’anni, a partire dal 1999, dal Ministero degli Affari Esteri italiano al Ministero della Cultura dell’Armenia”
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