Attentati in Afghanistan contro i colloqui di pace
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
In occasione del venerdì islamico un folto gruppo di bambini si era riunito per la recita del Corano, nel centro di Agho, un villaggio della provincia orientale di Ghazni, quando una motocicletta carica di esplosivo è saltata in aria, investendo i giovani. Oltre ai 15 morti si contano almeno 20 feriti. Il governo ha accusato di quanto avvenuto i talebani, che invece hanno parlato di un incidente causato da un proiettile da mortaio inesploso. Intanto in un’altra zona si è verificato un altro attacco. Si tratta della principale base militare americana in Afghanistan, con sede a Bagram, nella provincia settentrionale di Parwan. Il sito è stato centrato da almeno quattro razzi, secondo quanto riferito da fonti afghane. Non si sa se vi siano state vittime e l’entità dei danni. Altri sei razzi pronti al lancio sarebbero stati disinnescati dalla polizia locale
Un attacco al processo di pace
Gli episodi sono avvenuti proprio mentre sono in corso tra governo e talebani difficili negoziati per porre fine alla guerra nel Paese. L’Onu in proposito ha parlato di piccoli, ma concreti passi verso la pace. Tra l’altro proprio nei giorni scorsi a Doha, nel Qatar, il capo di Stato maggiore Milley aveva avuto colloqui con i talebani sulla necessità urgente di ridurre la violenza nel Paese, tutelare gli interessi americani e accelerare i progressi verso una soluzione politica della crisi. La missione, non annunciata, – si legge in comunicato del Pentagono – è poi proseguita a Kabul, dove Milley ha incontrato il presidente afghano Ashraf Ghani.
Le forze che si oppongono alla distensione
Secondo Marco Lombardi, docente all'Università Cattolica del Sacro Cuore ed esperto di tematiche internazionali, in questo momento sono molte le forze che si confrontano in Afghanistan: governo, talebani, Stati Uniti, ma anche ciò che rimane di Al Qaeda, del sedicente Stato Islamico e addirittura della criminalità organizzata. Una situazione che si riversa negativamente sui colloqui di pace in corso, provocando, in alcune frange, il ricorso alla violenza. E' come - afferma Lombardi - se da una parte si dialogasse e dall'altra contemporaneamente si facesse ricorso alle armi. I motivi delle difficoltà dei negoziati in corso, dunque, sono evidenti.
In questa fase tutti sono in attesa - sottolinea Marco Lombardi - di sapere quale sarà il ruolo degli Stati Uniti con la nuova presidenza Biden. E' probabile che, rispetto al disimpegno in Afghanistan delle truppe americane operato da Donald Trump, il nuovo inquilino della Casa Bianca opti per un coinvolgimento maggiore, ma è anche possibile che la situazione rimanga quella attuale. Sta di fatto che la sensazione per molti osservatori è che solo una forte presenza statunitense sul terreno possa garantire lo svolgimento di negoziati di pace che allo stato attuale scontano una fase di stallo o quasi.
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