Il Niger verso una transizione democratica
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Sono sette milioni e mezzo i nigerini chiamati alle urne l’ultima domenica dell’anno per il primo turno delle elezioni presidenziali e parlamentari. Il Paese è, di fatto, ad un bivio tra la continuità con il recente passato ed il cambiamento. Da un lato, infatti, c'è Mohamed Bazoum, sostenuto dal presidente uscente Mahamadou Issoufou; dall’altro un elevato numero di candidati, sintomo di un’opposizione disunita, ma che punta comunque a vincere le elezioni.
L’economia
Bazoum rivendica i miglioramenti degli ultimi anni, dall’aumento delle infrastrutture alla maggiore sicurezza, fino alla crescita costante del Pil. Le opposizioni replicano denunciando meno libertà individuali e puntano il dito in particolare contro l’indebolimento dell’istruzione. Al di là della dialettica da campagna elettorale, va detto che il Niger è in coda alla classifica delle Nazioni Unite per l’indice dello sviluppo umano, oltre ad essere alle prese con l’accoglienza di migliaia di persone migranti che dall’Africa subsahariana hanno tentato in questi anni di raggiungere Libia ed Algeria, rendendo il Niger una delle nazioni più ospitali dell’intero Sahel.
L’ombra del terrorismo
In Niger il terrorismo continua a condizionare la quotidianità della popolazione, tra minacce ed attacchi, come quello dello scorso 12 dicembre. L’organizzazione terroristica di Boko Haram ha rivendicato l’attentato di due settimane fa, nel quale almeno 27 persone sono rimaste uccise. Molti anche i feriti. L’attacco è stato condotto contro un villaggio situato a Toumour, nella regione di Diffa, poche ore prima che si tenessero le elezioni municipali e regionali nel Paese africano, nella giornata di domenica 13 dicembre. In un video l’organizzazione terroristica ha anche minacciato la possibilità di nuovi attentati nei prossimi giorni.
La stabilità
"I problemi da risolvere per il nuovo presidente sono certamente tanti, dalla migrazione alla sicurezza, senza dimenticare la sfida della pandemia e i danni delle ultime alluvioni". Lo afferma nell'intervista a Vatican News padre Filippo Ivardi, direttore del periodico dei missionari comboniani Nigrizia.
"I recenti attentati hanno mostrato in particolare - sottolinea - come la sicurezza sia centrale per il futuro del Niger, ma essa dipende anche dalla stabilità". Una stabilità che "a volte viene meno in tutta la regione, per l'interesse dei gruppi armati a far sì che sia più facile reperire risorse dalla migrazione, come dai rapimenti che finiscono per essere tra le fonti di maggiori introiti".
Nelle elezioni c'è un favorito
"Certamente il favorito è il candidato sostenuto dal presidente uscente Issoufou, ovvero Mohamed Bazoum. L'opposizione è decisamente frammentata, ed anche le recenti elezioni municipali hanno visto vincere nettamente il suo partito", aggiunge padre Ivardi. Infine la pandemia di Covid-19. "Questo è un altro problema, anche per quanto riguarda la percezione del fenomeno. Spesso la popolazione considera il coronavirus come una questione occidentale, è importante anche fare sensibilizzazione in tal senso"
La storia recente
La colonizzazione francese del Paese si completò nel XIX secolo, quando l'attuale territorio del Niger venne a far parte dell’Africa Occidentale Francese. Il 3 agosto 1960 il Niger ottenne l’indipendenza, divenendo poi una Repubblica presidenziale. Una nuova Costituzione fu varata nell’estate del 1999, ma il primo decennio del XXI secolo sarà caratterizzato da instabilità, tra dittature militari e governi di transizione. Il 18 febbraio 2010 un colpo di Stato rovescia il presidente Tandja Mamadou. L’anno seguente si svolgono nuove elezioni, che vedono vincere Mahamadou Isooufou con il 58% delle preferenze. Issoufou guiderà il Paese per dieci anni, ora le elezioni che porteranno al nome del suo successore.
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