Nepal, l’incognita politica dopo lo scioglimento del Parlamento
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Ha suscitato critiche e proteste in Nepal lo scioglimento del Parlamento, domenica scorsa, da parte della presidente Bidhya Devi Bhandari su richiesta del primo ministro Khadga Prasad Oli. Il provvedimento, considerato per alcuni incostituzionale, condurrà il Paese verso nuove elezioni nella prossima primavera, in anticipo di circa un anno e mezzo dalla scadenza naturale. Contrari allo scioglimento del Parlamento sia gruppi di opposizione, sia membri del partito di governo. Manifestazioni di protesta hanno animato ieri la capitale Katmandu e altre città. La polizia è intervenuta, arrestando una dozzina di persone. Secondo le informazioni che giungono dal Paese asiatico, tra gli arrestati ci sono il presidente della Society for Human Rights and Peace, Uttam Pudasaini, e attivisti e membri della società civile. Intanto, sarebbero già tredici i ricorsi presentati alla Corte suprema contro il provvedimento richiesto dal governo.
La crisi politica in Nepal
Le tensioni interne al partito comunista al potere sono alla base della crisi che ha portato allo scioglimento della Camera nepalese. L’attuale formazione risulta dall’alleanza siglata nel 2017 dal Partito comunista di Oli e dagli ex ribelli maoisti guidati da Pushpa Kamal Dahal. La vittoria dell’alleanza alle ultime elezioni ha portato alla fusione in un unico partito, al governo dal 2018. “La coalizione – dice a Vatican News Francesca Manenti, analista del Centro studi internazionali - era stata formata ad hoc per le elezioni del 2017 con l’intento di creare un governo coeso, che permettesse al Paese di uscire da un susseguirsi di crisi che avevano caratterizzato la vita politica del Nepal negli ultimi anni. Purtroppo però questo non è accaduto e anche l'esecutivo Oli si è ritrovato in questo momento un po’ vittima delle divergenze interne tra le varie anime della coalizione”.
Gli effetti sulla stabilità interna del Paese
Sulle implicazioni che lo scioglimento della Camera potrà avere sul futuro politico e sulla stabilità interna del Paese himalayano, l’analista sottolinea due aspetti. Il primo relativo alla difficoltà di mettere in moto la macchina organizzativa delle elezioni in un momento difficile a causa dei problemi, soprattutto economici, causati dalla pandemia di Covid-19; l’altro aspetto riguarda il futuro dell’equilibrio politico nepalese. “Evidentemente – aggiunge - l’esperienza della coalizione dei partiti comunisti sembra essere giunta al termine e quindi anche un riposizionamento delle diverse anime, in opposizione le une alle altre, potrebbe ridisegnare lo scenario interno”.
Covid ed economia
Gli effetti della diffusione del Covid-19 nel mondo non hanno risparmiato il Nepal, dove le stime ufficiali registrano 254mila contagi e quasi 1800 vittime. Duramente colpita anche l’economia di questo piccolo e povero Paese dell’Asia, basata prevalentemente sul turismo e sulle rimesse dei lavoratori all’estero. Per l’analista del Cesi, l’interruzione del settore turistico, basato sia su presenze interne alla regione, che su quelle provenienti dall’estero, ha pesato fortemente sulle prospettive di sviluppo: “Stiamo parlando di un Paese con una crescita economica ai minimi storici, in cui si è aggravata, nel corso del 2020, anche la situazione dei lavoratori, che spesso vivono di economia sommersa e anche le difficoltà del governo di gestire la pandemia non hanno permesso di prendere le misure necessarie. Inoltre la maggior parte della popolazione vive in questo momento un forte problema di mercato del lavoro”.
Una Repubblica giovane
Il Nepal è divenuto una Repubblica nel 2008, due anni dopo la fine di un sanguinoso conflitto civile durato oltre 10 anni. La Costituzione del Paese è stata promulgata nel 2015, pochi mesi dopo il devastante terremoto che ha provocato circa 8mila vittime.
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