“Siamo qui”. I volontari della Giudecca scrivono alle detenute
Davide Dionisi – Città del Vaticano
Un Natale diverso, insolito, certamente meno gioioso quello dei giovani volontari del Carcere della Giudecca. Lontano dalle attività e privati della presenza delle loro “amiche” (le ospiti dell’istituto di pena veneziano), hanno comunque deciso di non far mancare la vicinanza e il supporto che caratterizza il loro prezioso servizio al fianco delle Suore della Carità.
In comunione con le detenute
Durante il periodo di Avvento hanno inviato attraverso email le sagome delle loro mani decorate che, unite a quelle delle donne detenute, sono state assemblate in una grande scritta: “Siamo qui…”. L’idea è venuta a Suor Franca Busnelli, religiosa delle Suore di Maria Bambina, che presta servizio da sei anni nel carcere della laguna. Il giorno di Natale, inoltre, ciascuna ospite riceverà una lettera scritta da un volontario e una stella che verrà appesa in cella alle ore 20, in comunione con tutti coloro che decideranno di aderire all’iniziativa promossa attraverso le piattaforme social. “Ogni stella riporta la frase: “…sotto la stessa luce!”, che completa il “Siamo qui…”. Un segno di speranza, di coraggio verso il futuro, per sentirsi fratelli, per abbattere ogni distanza e barriera, riconoscendo la comunanza di desideri, sogni e speranze” spiega la religiosa. I giovani sono al lavoro per realizzare inoltre un incontro virtuale anche in occasione dell’Epifania: un video, con la lettura di un brano o di una poesia, porterà il loro pensiero ad ogni donna in attesa di poterle riabbracciare.
La nostra "attesa"
“Dal 24 dicembre al 6 gennaio le giornate hanno un sapore speciale di festa, di pranzi, di famiglia, di calore e vicinanza nelle relazioni. Fino all’anno scorso per noi, come per tanti altri giovani, questo periodo era vissuto anche con il grande desiderio di raggiungere prima possibile la stazione dei treni. Destinazione: Venezia, carcere femminile della Giudecca”, raccontano i volontari. Per loro, infatti, passare i giorni di Capodanno o dell’Epifania dentro quelle mura racchiude sempre un vortice di emozioni. “Dati i legami che si creano con le iniziative estive, ogni volta c’è grande attesa di ritrovarsi dopo tanto tempo per scambiarsi un abbraccio, per vivere insieme i dialoghi e le attività durante le feste” spiegano.
Anche in carcere, l'abito migliore della festa
“La mente ripercorre i ricordi di 12 mesi fa”, continuano: “Come in tutte le nostre case, i preparativi per l’ultima notte dell’anno entrano nel vivo subito dopo il Natale: chi pensa ai giochi, chi alle musiche per cantare insieme o per fare balli di gruppo, altre invece si occupano delle decorazioni per il salone dell’istituto… Nulla viene lasciato al caso e ciascuno cerca di sfoggiare il proprio 'abito migliore'. I sorrisi, le chitarre, l’accoglienza e l’entusiasmo si mischiano con i racconti, le lacrime, il pensiero fisso e doloroso dei cari lontani”.
I doni per i bambini
Per l’Epifania invece preparano le calze, con qualche caramella e dolcetto, accompagnate da biglietti scritti a mano con un augurio speciale per ogni donna: un compito delicato e profondo, per restituire speranza, per riprendere al meglio il cammino della vita. “Non possiamo dimenticare anche la scelta dei peluche, da accompagnare alla calza, per i bimbi dell’ICAM (Istituto a custodia attenuata per madri ndr): è fenomenale vedere i loro occhi riempirsi di felicità e gioia pura, per una cosa così piccola rispetto alle montagne di giochi presenti nei nostri salotti. La parte più divertente è quando uno di noi volontari si traveste poi da befana per la consegna dei regali: le risate non mancano mai e il clima si distende per qualche ora, anche dentro le mura” continuano
Un'esperienza ricca di umanità
Per Chiara Iacuone, una delle volontarie, si tratta di un’esperienza ricca di umanità e di verità “essere volontaria in carcere è un’opportunità unica, in cui si ha l’occasione di trovarsi cuore a cuore con l’errore, il dolore ma anche con la speranza. L’insegnamento più grande che mi hanno dato le donne della Giudecca è che ognuno di noi deve essere vigilante perché il confine che divide il bene dal male è molto labile. Nulla mi dà il diritto di giudicare e, in questi anni, diverse volte mi sono chiesta cosa avrei fatto se mi fossi trovata al loro posto, con la loro storia, la loro cultura” prosegue Chiara “Ogni persona è immensamente altro da ciò che appare e compie. Alla Giudecca riscopro sempre il volto di un’umanità ferita dal male ma che non è sconfitta, vuole e può rialzarsi. Ho visto donne che hanno la possibilità di lavorare, di scrivere, di comporre poesie, di compiere gesti gratuiti di solidarietà. Ho visto donne aiutarsi vicendevolmente, giocare a pallavolo per il solo gusto di divertirsi, ballare per sentirsi libere. Ho sperimentato che solo il bene può vincere il male, che soltanto l’amore vince”
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